Il Sass de la Luna @Martin Giovanazzi
In avvicinamento @Martin Giovanazzi
Martin sul quarto tiro @Martin Giovanazzi
Giovanazzi sulla seconda lunghezza @Martin Giovanazzi
Giovanazzi sul primo tiro @Martin Giovanazzi
Elio in apertura sul quinto tiro @Martin GiovanazziPerdere un amico in montagna è una disgrazia che non ha bisogno di commenti, ma è bello vedere che – nei tempi necessari – la vita torna a segnare la roccia. Lo scorso 21 giugno, Simone Navarini è deceduto per una caduta mentre scalava al Sasso San Giovanni, pochi mesi dopo i suoi amici gli hanno dedicato una via sul Sass del la Luna, l’ultima delle cime del gruppo del Sass delle Dodici, nel gruppo dei Monzoni.
L'itinerario, che sale per il versante sud-ovest, ha una lunghezza di 150 metri per 5 tiri, con difficoltà fino al 7c+, obbligatorio di 7a+ ed è stato aperto dal basso da Martin Giovanazzi ed Elio Mazzalai. “La nostra compagnia di arrampicata è abbastanza speciale. Io ho perso mio padre quando avevo 15 anni e ho trovato questa compagnia di amici che mi ha aiutato a coltivare la passione per la montagna. Alessandro Forti sapeva accogliere tutti, me in particolare e da lì è partito un po' tutto. Insieme a lui, Simone, Elio Mazzalai e Nicola Cont ci siamo sempre legati insieme, ma il nostro non era un gruppo solo per scalare. Ci trovavamo la sera a bere una birra, si parlava, eravamo amici”.
Ben presto Giovanazzi e i suoi amici hanno iniziato anche a trovare la “loro” via in montagna. “Io ed Elio siamo figli di due alpinisti e di lì a poco abbiamo iniziato a chiodare vie, i primi esperimenti risalgono a quando avevamo 17-18 anni. E piano piano abbiamo aperto vie sempre più belle, sempre più dure, la passione per le aperture ci ha conquistato. Dalle vie a chiodi, con il passare del tempo ci siamo spostati su vie miste, un po' alpinistiche e un po' sportive e ora siamo totalmente sul versante delle vie sportive, cercando la roccia bella e la difficoltà alta”.
La via sul Sass de la Luna era stata iniziata già nel 2024, ma la scomparsa di Simone aveva non solo interrotto le operazioni, bensì creato una profonda frattura tra gli amici di Nava e l'arrampicata. “Si è fermato tutto, per un po' non ne abbiamo voluto sapere. Abbiamo lasciato la scalata lì per un po' di mesi, fino a quando non ci siamo guardati e ci siamo detti che lui sarebbe stato il primo a dire che dovevamo darci una mossa. Ce lo siamo detti: ora andiamo su a finirla. E poi era da liberare. Quella via è una chicca, era perfetta per lui. Non potevamo lasciarla lì”.
Le cose sono cambiate per sempre a giugno, ma sono cambiate anche da giugno a oggi. “Sicuramente qualcosa è diverso, questi fatti ti segnano forte e la montagna la vedo sempre un po' con il freno a mano. Però hai sempre questa sensazione...è sempre più forte...quando parti da casa. Hai la sensazione che stai andando in luogo speciale. Non stai andando solo a fare un'attività, non sento più questa cosa della prestazione. La montagna è sempre più un posto per stare bene con chi sei, tornare a valle, raccontarsi la giornata. Poi la situazione è dura, non mi nascondo. È ancora fresca e il tempo non ha annebbiato il dolore”.
La montagna però nel tempo è capace anche di grandi guarigioni. “Mio papà era istruttore delle guide e maestro di sci e ora sto facendo il corso, sono aspirante guida anche io. In montagna lo sento vicino e quando sono in giro con la gente mi piace fare vedere loro quello che ho imparato con lui. Mi piace sapere che sto facendo quello che faceva lui”.
La via è stata chiamata SuPerNava, un nome dal doppio significato. “Da un lato richiama il fatto che siamo tornati su per lui, dall'altro che Simone era super. Perché è vero. Simone era un figo. I primi tempi lo prendevamo per il c*uo perché studiava sempre, mentre noi eravamo in giro. Lui però poi era diventato professore e se la rideva sotto i baffi quando noi lavoravamo d'estate e lui aveva tre mesi di tempo libero. Era presidente della Sat di Ravina: era per il sociale, si divideva in quattro e riusciva sempre a mettere d'accordo un po' tutti. E poi era un ottimo scalatore. Era di una semplicità incredibile e anche a scalare era molto forte, ma sempre con quel suo modo di fare semplice".