Panorama delle Svalbard © PixabayNeve sempre più rara anche in pieno inverno: è il drammatico scenario descritto dai ricercatori impegnati in una spedizione scientifica alle Isole Svalbard lo scorso febbraio, dove si è registrato un caldo anomalo che ha reso quasi impossibile raccogliere neve fresca. La missione, coordinata da Donato Giovannelli dell’Università Federico II di Napoli, è documentata in uno studio pubblicato sulla rivista Nature Communications.
"Stare in pozze d'acqua alla base del ghiacciaio, o sulla tundra spoglia e verde, è stato scioccante e surreale", ha raccontato James Bradley, dell’Università Queen Mary di Londra e primo autore dello studio. Attrezzati per affrontare temperature estreme, i ricercatori si sono trovati a lavorare sotto la pioggia, a mani nude. “Lo spesso manto nevoso che ricopriva il paesaggio è scomparso in pochi giorni – ha aggiunto – e l'attrezzatura che avevo messo nello zaino sembrava una reliquia di un altro clima".
La spedizione, nata con l'obiettivo di studiare la neve fresca, è riuscita a raccoglierla solo una volta nell’arco di due settimane. “La maggior parte delle precipitazioni è caduta sotto forma di pioggia”, ha spiegato Laura Molares Moncayo, coautrice dello studio.
I dati confermano quanto previsto dai modelli climatici: alle Svalbard il riscaldamento procede da sei a sette volte più velocemente rispetto alla media globale, con temperature invernali che crescono quasi il doppio rispetto alla media annuale. Il riscaldamento invernale nell’Artico, secondo lo studio, non è più un'eccezione, mettendo in discussione l’immagine stessa di un Artico gelato nei mesi freddi.
"Non siamo ancora consapevoli delle conseguenze che questi eventi ricorrenti stanno portando agli ecosistemi artici", ha commentato Donato Giovannelli, "soprattutto durante l’inverno, dove i dati sono pochi e le condizioni più complesse". E ha aggiunto: “Forse siamo stati troppo cauti con i nostri messaggi. Cambiamenti irreversibili del clima artico stanno avvenendo davanti ai nostri occhi”.
I dati raccolti negli ultimi mesi dalla NASA e dal National Snow and Ice Data Center (NSIDC) confermano le osservazioni sul campo: la copertura di ghiaccio marino invernale ha raggiunto il livello minimo mai registrato, con un’estensione massima il 22 marzo 2025 pari a 14,33 milioni di chilometri quadrati, inferiore al record negativo del 2017. L’Istituto Meteorologico Danese ha inoltre registrato, sopra l’80° parallelo, ondate di caldo estremo tra febbraio e marzo, con temperature giornaliere di 15-20 gradi sopra la media stagionale.