Sulle tracce dei ghiacciai per misurare gli effetti del cambiamento climatico

Il fotografo Fabiano Ventura ha attraversato e raccontato lo stato di salute delle grandi masse di ghiaccio del mondo. In un post pubblicato online, Ventura ha raccontato il viaggio nel Massiccio degli Ecrins e nel Massiccio del Monte Bianco
Sulle tracce dei ghiacciai è un progetto che unisce la comparazione fotografica alla ricerca scientifica, con il fine di divulgare gli effetti del cambiamento climatico sui grandi ghiacciai del mondo. Il fotografo Fabiano Ventura ha attraversato e raccontato lo stato di salute delle grandi masse di ghiaccio del mondo: dall’Himalaya all’Alaska passando per le Ande e il Caucaso. Dal 2020, il suo obiettivo si è concentrato sulle Alpi, prima quelle italiane e a partire dall’estate 2021, quelle europee. Si comincia con il Massiccio degli Ècrins in Francia, per poi spostarsi sul massiccio del Monte bianco francese, il massiccio del Monte Rosa e del Cervino svizzero, le Alpi Bernesi, le Alpi Urane, il Massiccio del Bernina, le Alpi Venoste austriache, gli alti tauri e le Alpi Giulie slovene. In un post pubblicato online, Ventura ha raccontato le prime due tappe del viaggio: il Massiccio degli Ècrins e il Massiccio del Monte Bianco.

Sul massiccio degli Ècrins

«Con Matteo Trevisan e Dario Alaimo, i due collaboratori che mi accompagnano in questo primo tratto di spedizione, siamo subito in cammino verso la fronte del Glacier Blanc, il più esteso del massiccio. Dopo solo un’oretta lungo la salita riesco a ripetere uno scatto di fine ‘800 della fronte del vicino Glacier Noir con la sua lunga e caratteristica morena alla sua sinistra idrografica. Entrambi i ghiacciai hanno avuto un ritiro importante».

Sul Massiccio del monte Bianco

«Siamo a Chamonix, cuore del massiccio del Monte Bianco francese. Una volta ritrovati gli stessi luoghi di scatto delle immagini storiche ci si rende conto quanto il paesaggio sia mutato drasticamente a causa del riscaldamento globale, la lingua glaciale ormai arretrata di quasi tre chilometri si è affossata nel fondo della valle e coperta di detriti rocciosi». «Il paesaggio imponente e severo di queste grandi montagne, ormai ferito dagli effetti dei cambiamenti climatici, stride ancor di più per la quantità di turisti che si riversano in pochi punti panoramici raggiungibili grazie alla rete capillare di funivie e vie ferrate che dal secolo scorso hanno permesso un approccio veloce ma spesso frettoloso e superficiale a questi ambienti. In questi casi la cosa che mi rattrista di più è vedere le persone scendere dalle diverse infrastrutture e farsi subito un selfie senza neanche guardare il maestoso paesaggio alle loro spalle. La poca attenzione a ciò che ci circonda e ai suoi mutamenti mi motiva ancora di più nel portare avanti questo progetto, nella speranza di sensibilizzare verso una più profonda cultura dell’ambiente».