A cura di Vittorio De Zordo - CAI Brunico/GISM
Le creste affilate della Valle Aurina © Thomas ReicheggerIn Valle Aurina si contano complessivamente 92 elevazioni superiori ai 3000 metri, di cui 26 monti (ovvero, secondo le linee guida adottate dall’UIAA, elevazioni con una differenza tra quota minima e massima maggiore di 300 metri) e 66 tra cime (in questi casi la differenza è compresa tra 30 e 300 metri) e anticime o cime secondarie, queste con differenze inferiori a 30 metri.
A stabilire ciò è stato un alpinista locale, Thomas Reichegger, socio dell’Alpenverein di Campo Tures, che nel giro di due estati, assieme a vari compagni di escursione, ha voluto salire tutti i “3000” della sua valle: non solo i blasonati Picco dei Tre Signori/Dreiherrenspitze, Pizzo Rosso di Predoi/Rötspitze, Sasso Nero/Schwarzenstein, Collalto/Hochgall e Monte Nevoso/Schneebiger Nock, ma anche cime dimenticate come la Cima Cadini/Napfspitze, la Cima Dura/Durreck, la Punta Merbe/Merbspitze e tante altre.
Ma le fatiche di Reichegger non sono state solamente finalizzate a stabilire il numero esatto di cime sopra i 3000 metri, che il marketing valligiano indicava in circa 80 vette, ma anche a georeferenziarle tutte e a definire con la maggior esattezza possibile la loro quota, che a volte risulta diversa tra le varie carte topografiche in commercio. Un lavoro certosino, reso possibile dal confronto tra i dati GPS (da smartphone e strumenti dedicati) e quelli riportati su carte e letteratura alpinistica, per ottenere una media il più possibile attendibile.
Ogni cima è stata così catalogata, assegnandole la corretta denominazione in base alla prominenza, ossia la differenza tra la quota della cima e quella del punto più basso attorno alla montagna stessa, da cui bisogna passare per salire su un’altra più alta. In base a questo principio Reichegger ha potuto suddividere i 92 “3000” aurini in monti, cime e anticime.
Le salite sono state compiute in stile alpino, partendo dal fondovalle o dai rifugi d’alta quota (Giogo Lungo, Brigata Tridentina, Sasso Nero, Ponte di Ghiaccio, Porro, Roma, Vedrette di Ries), concatenando più vette e scegliendo spesso vie di salita inusuali, creste o pareti, quasi mai sentieri o vie normali.
Le difficoltà tecniche sono state spesso elevate, sia per la scelta di percorsi alternativi, sia per la cattiva qualità della roccia, molto friabile, come nella traversata tra Piccola e Grande Cima Finestra nelle Vedrette di Ries. Tra le salite più spettacolari, quelle al Collaspro/Wildgall o alla Cima di Casavecchia/Althausschneide, con passaggi di quinto grado.
A queste difficoltà si è aggiunta la trasformazione del paesaggio montano causata dal cambiamento climatico: i ghiacciai si ritirano, il permafrost diminuisce, le rocce si disgregano, le creste diventano instabili, le salite si trasformano in lunghi percorsi su macereti e blocchi mobili. Un contesto che Reichegger, 36 anni, ha vissuto e osservato direttamente, lui che ha passato la vita sulle montagne, prima come pastore e poi come alpinista appassionato.
Il progetto è oggi concluso, e i dati raccolti saranno messi a disposizione per l’aggiornamento delle carte topografiche, ma non verranno pubblicati integralmente: «Non voglio contribuire all’assalto delle masse alle mie montagne», è il pensiero che guida Reichegger, che ha scelto di non indicare didascalie neppure per le sue fotografie.
Resta però la performance alpinistica e il gesto culturale e ambientale di un alpinista sconosciuto alle cronache, che merita attenzione, rispetto e – forse – imitazione, in un tempo in cui la montagna ha bisogno più che mai di silenziosi custodi.