La linea di Tutto cambia @L. Toscani
Selfie per Gianola e Toscani @L. Toscani
Qualità della roccia ottima @L. Toscani
L'arrampicata è sempre divertente @L. Toscani
Tutto cambia si sviluppa lingo 16 tiri @L. Toscani
La montagna non sempre si concede per linee evidenti e sfacciatamente seducenti. A volte il gioco si fa più sottile, richiede di indagare la roccia con mano, dove l'occhio da lontano non troverebbe conferme. Curiosità e dedizione però spesso vengono ripagate, come nel caso di Tutto cambia (520 metri, VIII max, VII obbligatorio), una nuova via aperta da Thomas Gianola e Lorenzo Toscani alle Crepe di Falconera, una parete alle pendici della più celebre e celebrata Civetta.
È lo stesso Gianola a spiegarci il perché della loro scelta. “L'idea in realtà è venuta un po' per caso. Questa parete è sotto gli occhi di tutti. Si trova sopra le piste da sci di Alleghe e si raggiunge in un attimo, ma ovviamente non è la nord-ovest della Civetta, che attira maggiormente. Chiari di luna, aperta da Lorenzo Bellenzier e Federico Dell'Antone forse ha aperto gli occhi un po' a tutti, a noi compresi, ci ha fatto capire che valeva la pena dare attenzione alla struttura. E così, un giorno che a sud era troppo caldo per scalare, siamo andati a dare una occhiata e a parte qualche vecchio progetto non abbiamo trovato niente. E non è una di quelle pareti di cui ti innamori subito: è molto vegetata, devi attraversare cenge. Ma poi, una volta che ci arrampichi, ti sorprende per la qualità della roccia, ottima. E comunque è bello trovare una logica lì in mezzo”.
Gianola e Toscani erano partiti con l'idea di realizzare una via sportiva, ma poi hanno lasciato che fosse la parete stessa a “parlare” e a chiedere un approccio differente, ragion per cui hanno utilizzato solo 6 spit di progressione in totale. “Il pensiero iniziale era quello di aprire una via a spit, di andare a cercare le massime difficoltà. Ma appena abbiamo attaccato il primo tiro ci siamo accorti che non andavamo mai incontro a una difficoltà estrema e che si poteva salire in stile classico. Le soste invece le abbiamo comunque volute realizzare a spit, più che altro per invogliare una ripetizione o permettere una ritirata più agevole”.
Dal punto di vista dell'arrampicata, non sono mancate le sorprese e la mente alpinistica ha dovuto lavorare. “All'inizio non era facile trovare una logica in quelle placche, perché mancava una struttura evidente, come un diedro o un pilastro. Poi però siamo riusciti a trovare una linea soddisfacente e sono venuti fuori i primi 10 tiri, che ci hanno portato alla grande cengia. Lì pensavamo che avesse senso fermarsi, guardando in alto non potevo immaginare sviluppi positivi. E invece un giorno siamo tornati, partendo direttamente dalla cengia. Sono venuti fuori altri 6 tiri su roccia ottima, una bella sorpresa. A due tiri dalla fine si arriva anche a una stupenda grotta”.
Le difficoltà sulla via sono piuttosto omogenee, giusto il penultimo tiro è di VIII grado, mentre nella prima parte non si supera mai il VII. La discesa avviene in doppia fino alla cengia, da cui si prosegue a destra, faccia a monte, fino al bosco, dove la via si ricollega al sentiero 570 che porta ai piani di Pezzé.
Gianola si augura che la via venga ripetuta e intravede un buon potenziale per la parete. “La quota è medio-bassa, l'avvicinamento non è lungo. L'esposizione a nord ovest non fa quasi mai prendere sole alla parete, si tratta di una via che in estate può essere attrattiva nelle giornate più calde. Come dicevo, c'è solo un'altra via per quel che ne sappiamo, per cui non è detto che in futuro non ci sia motivo di tornare”.