Ueli Steck in montagna
Ueli Steck
L'Annapurna e il suo campo base
La parete sud dell'Annapurna I
L'AnnapurnaLa progressione iniziale filò via senza particolari intoppi, ma dai 6600 metri la parete cominciò a mostrare il suo carattere: il vento crescente e le scariche di neve rallentarono inevitabilmente la la salita. Alla base della headwall, il settore più tecnico, non trovando ripari adeguati, Ueli decise di scendere 100 metri, individuando un crepaccio dove affrontare un eventuale bivacco.
Una volta al riparo realizzò la tattica vincente. Stando alle previsioni meteorologiche a sua disposizione le ore notturne rappresentavano l’unica finestra di calma di vento e dunque l’unica possibilità di successo: "Era andato via il sole e tutto si era calmato - raccontò lui stesso - Questa era la mia occasione. Ero sicuro che il vento avrebbe ripreso a soffiare la mattina successiva". Un'ora dopo aver raggiunto il bivacco, ripartì nell'oscurità, guidato dalla luce frontale e dal suo istinto.
L'arrampicata notturna si rivelò meno temibile del previsto: la headwall era solcata da una linea quasi continua di ghiaccio e neve firn: “Un terreno ideale per salire in solitaria", secondo i parametri della Swiss Machine.
Nella fase finale, però, una slavina investì Steck, che riuscì a salvarsi aggrappandosi saldamente alle due piccozze ben piantate nel ghiaccio. La neve gli strappò di dosso la macchina fotografica e una delle due muffole di piumino da alta quota. Per evitare il congelamento proseguì l’ascensione calzando alternativamente su ciascuna delle due mani l’unico guanto termico rimastogli.
Il tratto della headwall, alla fine, si rivelò più breve del previsto e Ueli raggiunse la cresta sommitale ancora nell'oscurità stellata: era l'una di notte del 10 ottobre 2013. La sosta in vetta durò meno di cinque minuti: "Era semplicemente così: non si saliva più e dovevo tornare indietro".
Il ritorno seguì la stessa via di salita. All'alba era già al di sotto della metà della parete, su terreno più sicuro, e alle 9:30 raggiunse il campo base avanzato dopo esatte 28 ore di salita e discesa.
Controversie e riconoscimenti
Quella che aveva portato a compimento era un’impresa senza precedenti, ma, in un primo momento, la mancanza di documentazione fotografica della vetta raggiunta e la natura solitaria dell'ascensione alimentarono dubbi nella comunità alpinistica. Tuttavia, le testimonianze dello staff nepalese fornirono conferme cruciali. Il parere dei fortissimi himalaysti francesi Stéphane Benoist e Yannick Graziani, che salirono la stessa via due settimane dopo, furono un’ulteriore conferma della versione di Steck: "È andato da solo, più leggero di noi, ha usufruito di un tempo perfetto e... semplicemente è più forte!". Anche Elizabeth Hawley, storica cronista delle ascensioni himalayane, registrò ufficialmente il raggiungimento della cima e l’ascensione valse a Steck il suo secondo Piolet d'Or, nel 2014 (il primo lo aveva ottenuto nel 2009, per la nuova via sul Tengkangpoche, salita con con Simon Anthamatten).
L'eredità di un'impresa
La solitaria di Steck sulla parete sud dell'Annapurna ha rappresentato un'evoluzione paradigmatica dell'alpinismo moderno. Non si tratta solamente di una questione di stile, di velocità o difficoltà tecnica, ma di un approccio olistico che integra preparazione atletica, precisione tecnica e gestione psicologica del rischio.
Come ha osservato Erri De Luca: "In alpinismo siamo abituati al fatto che l'impensabile di ieri diventa il possibile del giorno dopo. L'impensabile realizzato da Ueli Steck sulla parete Sud dell'Annapurna resterà a lungo insuperabile".
La sua via, successivamente intitolata a Béghin e Lafaille in onore di coloro che la tentarono per primi, rimane a oggi una delle realizzazioni più significative dell'alpinismo himalayano del XXI secolo.
Chissà quali altre incursioni nella dimensione dell’impensabile avrebbe saputo regalarci il grande Ueli, se la sua corsa contro il tempo e i confini dell’impossibile non si fosse arrestata tragicamente nel 2017 sulla parete ovest del Nuptse, durante una salita di acclimatazione in vista della realizzazione di un altro grande sogno: il concatenamento in 48 ore della traversata Everest-Lhotse.