Ci sono ancora dei Settemila inviolati che attendono la prima salita dell'uomo, ma alcuni di essi si trovano in zone difficili da raggiungere o inaccessibili agli stranieri per motivi politici: una di queste era il Karjiang, una cima di 7221 metri situata al confine tra Tibet e Buthan, nel massiccio del Khula Kangri. Fino a agosto, era la quarta cima inviolata per altezza al mondo. I tentativi in passato in realtà ci sono stati: negli anni ’80 alcuni giapponesi non erano riusciti a raggiungere la cima principale, ma erano arrivati in vetta al Karjiang II. Nel 2001, una spedizione tedesca aveva rinunciato all'obiettivo principale a causa dell’elevato rischio di valanghe, ma anche in quel caso erano riusciti a portare a casa un obiettivo "minore", grazie all'ascesa del Karjang III e del Kangmi Kangri.
Alla fine, sono stati i cinesi a piantare per primi a portare la bandiera nazionale sulla vetta del Karjiang, per una via di oltre 1300 metri, con difficoltà fino a AI3, 70°, M4+. Il 15 luglio, Liu Yang è partito insieme a Song Yuancheng, un fotografo e due persone per lo staff di campo base. Da lì, la squadra ha raggiunto l’area di Lhozang, per poi montare un campo base sulla morena a 5800 metri di quota. Non appena si è palesata una finestra di bel tempo, gli alpinisti hanno attaccato la montagna, attraversando il ghiacciaio fino a un primo bivacco a 6350 metri. I due hanno guadagnato altri 300 metri di dislivello il giorno seguente, ma una pesante nevicata caduta nella terza notte li ha indotti a tornare al campa base, nonostante avessero raggiunto ormai i 6900 metri di quota.
A quel punto il team cinese è rimasto in trepidante attesa per una nuova finestra meteo di bel tempo, condizione che si è avverata solo l'11 agosto, quasi al termine del loro mese. Nonostante una leggera nevicata, Yang e Yuancheng hanno perciò attaccato, scalando in conserva fino a 6550 metri. Lì hanno trovato una piccola grotta nel ghiaccio, dove hanno bivaccato senza riuscire a montare la tenda. Il giorno seguente inoltre, i due sono saliti con le mani ghiacciate a causa dei guanti bagnati, e un palo della tenda si è rotto per le bassissime temperature, costringendoli a bivaccare in un crepaccio. Il 13 agosto, dopo avere lasciato l’attrezzatura nel crepaccio, i due alpinisti sono arrivati finalmente in cresta, superando gli ultimi 100 metri su terreno misto, con protezioni precarie e raggiungendo la cima alle 15.
Yang e Yuancheng si sono poi calati in corda doppia fino al sito dell’ultimo bivacco, che hanno raggiunto in mezzo a una nevicata furibonda e al whiteout. Il giorno successivo hanno continuato la discesa in un terreno ad alto rischio valanghe. Sono riusciti a raggiungere il campo base, che però era stato però distrutto dalla neve, da qui la decisione di proseguire fino al villaggio, per poi arrivare a Lhasa nell’ultimo giorno delle loro vacanze. Hanno chiamato la via Buzzer beater, come il canestro fatto al suono della sirena che segna lo scadere del tempo.