Yosemite, dove la libertà dormiva sotto le stelle

Negli anni Sessanta e Settanta una comunità di giovani scalatori trasformò la Yosemite Valley in un laboratorio di sogni e roccia. Vivevano ai piedi di El Capitan per inseguire solo una cosa: la libertà.

C’è stato un tempo in cui la Yosemite Valley era un rifugio di granito e libertà, dove giovani scalatori con le mani sporche e i sogni puliti si accampavano ai piedi della parete di El Capitan per vivere una vita interamente dedicata alla roccia. Li chiamavano dirtbags, i “barboni dell’arrampicata”.

Dormivano in furgoni scassati o sotto le stelle, mangiavano fagioli in scatola e passavano le giornate ad allenarsi, studiare le pareti, inseguire un ideale che non aveva nulla a che vedere con la gloria o i soldi. Cercavano la purezza: il gesto perfetto, la linea giusta, la libertà assoluta.

Tutto è iniziato sul finire degli anni Cinquanta, quando Warren Harding, Wayne Merry e George Whitmore aprirono The Nose, la prima via che attraversa il cuore verticale di El Capitan, una parete di granito alta quasi mille metri.
Impensabile, allora. Ci vollero 45 giorni di lavoro e 275 chiodi per riuscire nella salita. Ma quando raggiunsero la cima, il mondo dell’arrampicata non fu più lo stesso.

Da quel momento El Capitan divenne un richiamo irresistibile. Negli anni Sessanta e Settanta, i migliori climber del pianeta accorsero nella Yosemite Valley come pellegrini di una nuova religione. Royal Robbins, Jim Bridwell, John Long, Fred Beckey, Yvon Chouinard: nomi che oggi suonano come leggende, ma allora erano solo ragazzi con pantaloni strappati e mani callose.

 

Camp 4: la culla dei ribelli

Il cuore di quella rivoluzione (sì, era una rivoluzione) batteva a Camp 4, un piccolo campeggio nel bosco ai piedi di El Capitan. Lì si viveva con poco, ma si respirava qualcosa di grande. Tra un bivacco e una parete, si condividevano corde, sogni e idee. Ci si allenava insieme, si inventavano nuovi modi di salire, si discuteva di etica e libertà.

Nacque così una cultura, un modo di essere: il clean climbing. Fu Yvon Chouinard, che allora vendeva chiodi fatti a mano dal retro del suo furgone, a intuire che ogni colpo di martello lasciava una ferita nella roccia. Così, insieme a Tom Frost iniziò a produrre protezioni rimovibili, i famosi chocks, che non danneggiavano la parete. “Scala e lascia la montagna com’era prima di te”, dicevano.
Era un manifesto etico, e una piccola rivoluzione silenziosa. Queste erano le loro uniche regole, il resto era libertà. Assoluta libertà.

Ma la libertà assoluta non dura mai troppo a lungo… e ben presto questo modo di vivere ai piedi della grande parete ha richiamato l'attenzione dei ranger del parco. Quella comunità nomade che viveva ai margini delle regole andava messa in ordine. Troppi bivacchi abusivi, troppi fuochi accesi dove non si doveva, troppa anarchia per un luogo che era diventato un simbolo naturale americano.

Camp 4 fu così regolamentato: limiti di permanenza, controlli, permessi.
Ben presto finì la stagione dell’improvvisazione, e con essa quella magia collettiva. I dirtbags si dispersero, qualcuno si adattò, altri se ne andarono. La leggenda sopravvisse nei racconti e nelle fotografie sbiadite di giovani appesi al vuoto con il sorriso di chi non ha bisogno di altro.

Oggi Yosemite è ancora un santuario dell’arrampicata, ma diverso.
I nuovi climber arrivano preparati, allenati in palestra, forti di tecniche moderne e materiali sofisticati. Non dormono più nelle grotte o nelle auto, ma la passione è la stessa. Solo, è cambiato il modo di coltivarla.