Il Monviso in veste invernale © PixabayPer chi vive alle sue pendici è semplicemente il “Viso”: una piramide quasi perfetta, che domina l’orizzonte, stagliandosi maestosa e inconfondibile contro il cielo. La sua imponenza ne ha fatto una delle cime più celebri delle Alpi, attirando scalatori da ogni parte del mondo. Durante l’epoca delle grandi “conquiste” delle vette alpine, come veniva definita allora l’esplorazione e la scalata delle cime più alte, anche il Monviso occupa un capitolo fondamentale.
La prima ascesa documentata della vetta risale al 30 agosto 1861, ed è opera degli inglesi William Mathews e Frederick Jacomb, accompagnati dai francesi Jean-Baptiste Croz e Michel Croz. Alcune fonti suggeriscono però che già nel 1751 un gruppo di topografi francesi potrebbe aver raggiunto la cima. Ma questa è un'altra storia che magari racconteremo, ma non oggi.
Oggi vogliamo parlarvi della prima salita interamente italiana, compiuta il 12 agosto 1863 dal primo ministro del neonato Regno d’Italia, Quintino Sella, insieme al deputato calabrese Giovanni Barracco, ai nobili Paolo e Giacinto Ballada di Saint Robert, e alle guide alpine Raimondo Gertoux, Giuseppe Bouduin e Giovan Battista Abbà. Inizialmente doveva far parte della spedizione anche Bartolomeo Peyrot, guida di Bobbio Pellice, che il 4 luglio 1862 aveva già raggiunto la vetta come membro della spedizione inglese guidata da Francis Fox Tuckett. Peyrot, però, traumatizzato dall’esperienza, scelse di non partecipare alla salita del 1863.
Sella, al ritorno dalla sua ascensione, scrisse a Bartolomeo Gastaldi, geologo, cofondatore e secondo presidente del Club Alpino Italiano: “Una comitiva italiana è finalmente salita sul Monviso!”. Questo messaggio rappresentava più di un semplice resoconto: incarnava il desiderio di celebrare l’Unità d’Italia, raggiunta solo pochi anni prima, attraverso la conquista (come si diceva al tempo) di una montagna simbolo, “padre del più importante fiume italiano”, il Po. Per Sella, salire il Monviso significava rendere tangibile l’orgoglio nazionale, unire idealmente il popolo sotto un segno di forza e identità.
La nascita del Club Alpino Italiano
L’esperienza al Monviso ispirò profondamente Quintino Sella, tanto che già durante la discesa cominciò a concepire l’idea di un’associazione che potesse riunire alpinisti, studiosi e appassionati di montagna. Questa intuizione prese forma pochi mesi dopo: il 23 ottobre 1863, nel Castello del Valentino a Torino, nacque ufficialmente il Club Alpino Italiano.
Il primo presidente fu il Barone Ferdinando Perrone di San Martino, mentre vicepresidente fu nominato proprio Bartolomeo Gastaldi. Quintino Sella, pur essendo ideatore e fondatore del Club, non assunse mai la presidenza, ma fu un fervente promotore della causa. Credeva fermamente nel valore educativo dell’alpinismo, un modo per avvicinare i giovani a un mondo fatto di sentieri, pareti, cime e fatica. Come infatti scrive a Gastaldi:
“Mi pare che non ci debba voler molto per indurre i nostri giovani, che seppero d’un tratto passare dalle mollezze del lusso alla vita del soldato, a dar di piglio al bastone ferrato ed a procurarsi la maschia soddisfazione di solcare in varie direzioni e sino alle più alte cime queste meravigliose Alpi, che ogni popolo ci invidia. Col crescere di questo gusto crescerà pure l’amore per lo studio delle scienze naturali, e non ci occorrerà più di veder le cose nostre talvolta studiate più dagli stranieri, che non dagli italiani.”