Secondo il Cnr, il
2022 è stato
l’anno più caldo mai registrato in Italia dal 1800. Una dinamica tracimata in maniera preoccupante anche nei primi mesi del 2023.
Come è ormai noto, l'aumento delle temperature influenza le nostre montagne, dove si sta registrando un’
evidente diminuzione dei ghiacci perenni e del manto nevoso. A questo fenomeno si aggiungono i
nverni sempre più brevi e una
quota-neve ogni anno più alta. Dati non certo confortanti non solo per l’ambiente, ma anche per un’industria, come quella sciistica, che fa della sua materia prima la risorsa-neve.
Impianti dismessi, temporaneamente chiusi e neve artificiale
Come riportato dal dossier
Nevediversa 2023 di
Legambiente, «nella Penisola nel 2023 aumentano sia gli “impianti dismessi” toccando quota 249, sia quelli “temporaneamente chiusi” – sono 138 – sia quelli sottoposti ad “accanimento terapeutico”, ossia quelli che sopravvivono con forti iniezioni di denaro pubblico, e che nel 2023 arrivano a quota 181».
L’Italia, stando ai dati pubblicati dalla medesima indagine, è inoltre tra i paesi alpini
più dipendenti dalla neve artificiale con il
90% di piste innevate artificialmente, seguita da Austria (70%), Svizzera (50%), Francia (39%). La percentuale più bassa è in Germania, con il 25%.
Un modello difficile da sostenere
Eppure, come se il problema non sussistesse, assistiamo periodicamente a tentativi di rilancio di un modello turistico
ormai difficile da sostenere. Un modello vincente in un’epoca per molti aspetti lontana.
Così le montagne si riempiono di
nuovo acciaio, di
nuovo cemento, di
nuovi cannoni sparaneve, di
nuove disco-baite, mentre le vecchie strutture, abbandonate agli elementi, vengono intaccate dalla ruggine e sommerse dalla vegetazione.
Una luce plurale
Il turismo di domani (ma anche quello di oggi) dovrà partire dalla consapevolezza che, per rendere le montagne un luogo attraente, non occorre perforarle con costose infrastrutture. Bisognerebbe invece abbandonare molti di questi cantieri per prendere in mano la penna e iniziare a raccontarle meglio, perché è p
roprio dal racconto che nasce il desiderio. La narrazione, infatti, spesso rappresenta il movente del viaggio. Si tratta quindi di cambiare paradigma narrativo per presentare le Alpi sotto una
luce plurale, svincolata dalla monocultura dello sci. Solo così,
diversificando l’offerta e prestando attenzione alle peculiarità locali, forse il turismo alpino riuscirà finalmente a diventare
una risorsa “pulita”, uscendo da quella zona di ombre e ambiguità in cui è oggi intrappolato.
Reimmaginare l’inverno
A partire da queste e da altre considerazioni, il
Gruppo di lavoro "Giovani" del Cai ha deciso di aderire alla mobilitazione nazionale
Reimmaginare l’inverno – basta nuovi impianti (
qui l'evento Facebook), nata da un’idea del collettivo
The Outdoor Manifesto. L’iniziativa avrà luogo
domenica 12 marzo, in
11 località e in
8 diverse regioni dove associazioni, comitati, gruppi spontanei e singoli attivisti si raduneranno per ribadire - insieme - che un futuro diverso, slegato da logiche socio-economiche anacronistiche, non solo è possibile ma è diventato assolutamente necessario.
Il
Gruppo di lavoro "Giovani" del Cai invita i
Gruppi Regionali e le
Sezioni ad aderire all'iniziativa nei luoghi già identificati (
qui l’elenco) oppure di proporne di nuovi agli organizzatori con una email all'indirizzo hello@theoutdoormanifesto.org