Da Miura a Morrison: la storia dello sci sull'Everest

La storia dello sci sull’Everest attraversa oltre cinquant’anni di storia, dai primi tentativi di Yūichirō Miura alle discese di Morrison e Bargiel.

Il 15 ottobre 2025, Jim Morrison si affaccia dalla vetta dell’Everest. Davanti a lui la parete nord, poco sotto l'Hornbein Couloir, aperto nel 1963 dagli alpinisti Tom Hornbein e Willi Unsoeld. La sua intenzione è quella di collegare questo couloir al Japanese Couloir, aperto nel 1980 dai giapponesi Tsuneo Shigehiro e Takashi Ozak. Quattro ore più tardi, Morrison è il primo uomo nella storia ad aver sciato integralmente la combinazione Hornbein–Japanese Couloirs, una discesa difficile e nel tempo ambita da alcuni dei migliori sciatori estremi al mondo. Tra i primi a congratularsi con Morrison il polacco Andrzej Bargiel, che solo poche settimane fa si è reso protagonista di una discesa da record sulla stessa montagna. È infatti diventato il primo al mondo a salire sull'Everest e a scenderlo completamente con gli sci fino al campo base, per il versante sud, senza utilizzare bombole di ossigeno.

Ma la storia dello sci sull'Everest non è un fatto recente. Inizia oltre mezzo secolo fa, quando nel 1970, il giapponese Yūichirō Miura scese con gli sci lungo la parete sud, frenato da un paracadute. Non partì dalla vetta, ma il suo gesto fu rivoluzionario: dimostrò che, in qualche modo, l’Everest poteva essere sciato. La sua fu una discesa ai limiti della follia: il paracadute che aveva con sé non fu infatti sufficiente a frenare la sua corsa e, ormai nei pressi della seraccata del Khumbu, fu il disastro: Miura cadde e rotolo per diverse centinaia di metri. Fu recuperato, vivo, dai compagni di spedizione, che lo riportarono al campo base. Questa storia è raccontata nel film The Man Who Skied Down Everest, vincitore dell’Oscar come milgior documentario nel 1975. Aprì la via a un sogno che per decenni sembrò irraggiungibile.

Negli anni successivi, diversi alpinisti provarono a rendere reale quel sogno. Nel 1992 il francese Pierre Tardivel salì dal versante sud e iniziò la sua discesa dall'anticima sud, mentre nel 1996 l’altoatesino Hans Kammerlander compì una salita fulminea e senza ossigeno per il Colle Nord, riuscendo a raggiungere la vetta dal campo base in poco meno di 17 ore. Il suo piano era quello di sciare dalla vetta, ma le condizioni della neve lo costrinsero a rinunciare a questo obiettivo. “Ho sciato solo la parte superiore - raccontò in seguito - poi ho dovuto fermarmi: la neve era troppo pericolosa”. Più in basso sarebbe poi riuscito ad agganciare nuovamente gli sci e raggiungere il campo base.

La svolta arrivò nel 2000, quando lo sloveno Davo Karničar realizzò la prima discesa integrale dell’Everest con gli sci, lungo la via del Colle Sud. L'exploit arrivò al secondo tentativo, dopo un primo tentativo per il versante nord compiuto nel 1996 dove aveva rinunciato alla salita a circa 8300 metri a causa di alcuni problemi di congelamento alle dita di mani e piedi. Memore di quanto accaduto, con un'organizzazione diversa, nel 2000 riuscì a raggiungere la cima e da qui partì in discesa fino al campo base, senza mai togliere gli sci, usando le bombole di ossigeno.

Un anno più tardi, nel 2001, fu la volta del francese Marco Siffredi, che con la sua tavola da snowboard scese lungo il Norton Couloir, sul versante nord. Era la prima discesa integrale assoluta e prima discesa integrale in snowboard dell’Everest per la parete nord. Nel 2002, Siffredi tornò per tentare il più diretto e difficile Hornbein Couloir, sempre sul versante nord. Raggiunse la vetta nel pomeriggio, partì nonostante le condizioni meteorologiche in peggioramento e scomparve poco dopo. Il suo corpo non fu mai ritrovato.

Questa la storia fino al 2025, quando il cerchio si è completato, da un lato con la discesa di Morrison per i canali Hornbein e Giapponese (che insieme formano la via Everest Super Direct) e dall'altro lato con la prima discesa integrale del versante sud senza uso di bombole di ossigeno, compiuto da Andrzej Bargiel.