Giornata Mondiale Senza Auto: la montagna senza auto è possibile

Il 22 settembre, Giornata Mondiale Senza Auto, invita a ripensare la mobilità verso le valli alpine e appenniniche. Usare treni e autobus non è solo una scelta sostenibile, ma un’occasione di vita e sviluppo per le comunità di montagna.


Il 22 settembre di ogni anno ricorre la Giornata Mondiale Senza Auto, il World Car Free Day, dedicata a pensare la mobilità in modo diverso: meno automobili private, più mezzi pubblici, biciclette, cammini a piedi. Anche in montagna questa giornata diventa una chiamata a ripensare il modo in cui raggiungiamo le valli, le vette, i sentieri. Non è soltanto un gesto simbolico, ma un invito a scegliere modalità di viaggio che sappiano unire la sostenibilità ambientale con la qualità dell’esperienza e con nuove opportunità per le comunità locali.

Lasciare l’auto a casa non è una rinuncia, ma una scelta che arricchisce il valore del cammino. Significa riappropriarsi del silenzio, godere di panorami che non scorrono dietro un parabrezza, assaporare una lentezza che insegna. Per le vallate è un’opportunità concreta di restare vive. Per le comunità delle Alpi e degli Appennini, un buon sistema di trasporti pubblici non è solo un servizio turistico, ma una infrastruttura che può contribuire a contrastare lo spopolamento, garantendo accessibilità ai servizi essenziali. Può sostenere le economie locali, dalle strutture ricettive ai rifugi, dalle guide alpine all’artigianato, che beneficiano di flussi regolari e sostenibili. E può promuovere un turismo di qualità, rispettoso dell’ambiente e capace di rigenerare i territori. La mobilità intermodale – combinando treno, autobus, bicicletta e navette locali – offre prospettive interessanti anche per raggiungere le località più remote.

 

Perché lasciare l’auto a casa

L’auto privata offre certamente flessibilità e rapidità, ma ha costi ambientali, sociali ed economici che in montagna pesano doppiamente. L’inquinamento atmosferico, il traffico sulle strade di fondovalle, la pressione sulle infrastrutture e sugli ecosistemi sono effetti sotto gli occhi di tutti. Usare il treno, l’autobus o i servizi di trasporto a chiamata non significa soltanto ridurre l’impronta ecologica del viaggio, ma anche migliorare la vivibilità delle vallate, diminuendo il rumore e gli ingorghi soprattutto nei periodi di maggiore affluenza. Significa anche offrire ai residenti opportunità concrete di mobilità, che non si esauriscono con la stagione turistica: accesso alla scuola, ai servizi sanitari, ai luoghi di lavoro, senza la necessità di possedere un’auto privata. E infine vuol dire valorizzare un turismo lento, che non corre in quota ma si lascia accompagnare dal paesaggio e dalla cultura dei luoghi.

Qualche anno fa, dopo diversi viaggi con autobus e treni in giro per le Alpi e gli Appennini, e poi fino al K2, in Pakistan, ho messo in piedi, in collaborazione con il Club Alpino Italiano, un progetto chiamato Linea 7000. L'idea era quella di dimostrare come fosse possibile vivere qualche tappa del Sentiero Italia lasciando l’auto a casa. Partendo da grandi città come Torino, Milano, Roma, Napoli o Catania, ho raggiunto Parchi nazionali e regioni montane – dall’Etna al Pollino, dalle Foreste Casentinesi al Gran Sasso e fino allo Stelvio – utilizzando esclusivamente mezzi pubblici e il cammino. Non è stato soltanto un esercizio di coerenza: quelle esperienze hanno mostrato che i collegamenti esistono, seppure poco conosciuti e a volte zoppicanti. Certo, serve pazienza nell'organizzazione di un percorso ma autobus, treni e navette permettono di superare la barriera logistica che spesso scoraggia chi vive in città dal pensare a un fine settimana in montagna senza auto. La speranza rimane semplice: se molte persone iniziano a utilizzare autobus, treni e altri mezzi, allora le istituzioni saranno portate a valorizzare questo modo muoversi, rendendo più accessibile a capillare il sistema integrato di trasporti.

Va detto che la centralità dell’auto privata nella mobilità italiana è ancora forte: secondo un’indagine ANIASA (Associazione Nazionale Industria dell’Autonoleggio, della Sharing mobility e dell’Automotive digital) del 2024, quasi tre italiani su quattro utilizzano l’auto in modo ricorrente. Eppure, esempi virtuosi non mancano. La Ferrovia Genova-Casella, che collega il capoluogo ligure ai borghi dell’entroterra nell’alta valle Scrivia, trasporta ogni anno circa 250mila passeggeri, tra pendolari e turisti. È una dimostrazione di come le linee cosiddette “minori” abbiano un ruolo essenziale nel collegare le valli al resto del Paese. Anche i dati di RFI (Rete Ferroviaria Italiana) sulle stazioni ferroviarie, che variano da hub con decine di migliaia di viaggiatori al giorno a scali frequentati da poche centinaia, confermano quanto queste reti siano strategiche per dare vitalità ai territori periferici. Un altro esempio positivo è la riapertura della linea ferroviaria Cuneo-Saluzzo-Savigliano in Piemonte, ha visto una crescita costante dei passeggeri: dai circa 220 giornalieri dell’avvio ai 400 registrati in primavera, soprattutto nelle fasce orarie di maggiore domanda. È la prova di come un servizio ferroviario ben strutturato possa sostenere sia il turismo che il pendolarismo.

Non mancano, naturalmente, le criticità. In molte valli la copertura oraria è limitata e le corse degli autobus scarse. Spesso manca un coordinamento tra gli orari dei treni e quelli dei mezzi locali. I costi per i residenti e per i turisti possono risultare poco competitivi rispetto all’uso dell’auto. A ciò si aggiunge la scarsa informazione: non tutti sanno quali linee esistano per raggiungere un sentiero o un rifugio. E servirebbero infrastrutture più chiare e funzionali, dai parcheggi di interscambio ai capolinea ben segnalati. Per superare questi limiti sono necessarie politiche pubbliche coerenti, investimenti, ma anche la volontà di enti locali, regioni, gestori dei trasporti e associazioni di lavorare insieme.