Pamir, carotaggi da record per studiare l'anomalia dei ghiacciai

Tra le vette del Tagikistan sono state estratte 3 preziose carote di ghiaccio che aiuteranno a spiegare l'"anomalia" dei ghiacciai resistenti del Pamir e Karakorum.

Tra settembre e ottobre 2025, un team di glaciologi, impegnati tra le vette del Tagikistan, è riuscito a portare a compimento un’impresa epica: l’estrazione di 3 carote di ghiaccio da quelli che sono considerati da lunga data i ghiacciai “anomali” del Pianeta. Tre carote che sono veri e propri pezzi di un puzzle, che potrebbe aiutare a comprendere perché i ghiacciai del Pamir siano a lungo risultati resistenti all’accelerata fusione glaciale che sta colpendo i ghiacciai di tutto il mondo. 

 

Il mistero dell'anomalia del Pamir-Karakorum

In quasi ogni angolo della Terra i giganti bianchi stanno arretrando a velocità crescenti. La fusione glaciale non è solo un racconto su carta, ma è un effetto visibile all’occhio umano, anche inesperto in materia glaciologica. Eppure, nel cuore dell’Asia, vi è una zona che a lungo ha colpito gli scienziati per il suo comportamento particolare. Si tratta dell’area montuosa del Pamir e Karakorum, tra Tagikistan e Pakistan, caratterizzata dalla presenza di ghiacciai che, invece di manifestare arretramento, risultano stabili o addirittura in espansione.

Una tendenza opposta a quella che sta caratterizzando il resto del mondo glaciale, che ha portato a coniare l’espressione “anomalia del Pamir-Karakorum”.

Una anomalia che, all’incedere del cambiamento climatico, sembra che stia iniziando a vacillare, come dimostrano recenti studi. Ad ogni modo, sebbene il futuro dei ghiacciai anomali inizi a essere messo in dubbio, al pari di quello dei cugini meno resistenti, la scienza si interroga da decenni sulle ragioni di tale resistenza e trovare una risposta, prima che sia troppo tardi, rappresenterebbe un grande traguardo. L’estrazione delle carote di ghiaccio, realizzata in autunno nella regione, regala agli scienziati la speranza di potersi avvicinare all'obiettivo.

 

Un archivio antico 10.000 anni

Realizzare i carotaggi a oltre 5.000 metri tra le vette del Tagikistan si è rivelata una operazione ai limiti del possibile. Per decenni i glaciologi hanno tentato di perforare il gigantesco ghiacciaio Vanch-Yakh (noto come Fedchenko). Tuttavia, il terreno impervio, i problemi cronici con gli elicotteri e le tensioni geopolitiche hanno ripetutamente vanificato ogni tentativo dal 1980 a oggi.

Il team internazionale, guidato dal ricercatore Evan Miles dell’Università di Zurigo e Friburgo nell'ambito del PAMIR Project e in collaborazione con la Ice Memory Foundation, ha scelto quest’anno una via alternativa, puntando sul ghiacciaio Kon Chukurbashi, per estrarre carote a 5.810 metri di quota. Una opzione che, nonostante il vantaggio di non dover utilizzare un elicottero, ha richiesto comunque sforzi titanici.

I ricercatori hanno affrontato quattro giorni di viaggio lungo la dissestata Pamir Highway, una delle strade più alte e pericolose al mondo, trasportando 1,5 tonnellate di attrezzatura. Dopo una fase di acclimatamento a 5.100 metri, il team ha dovuto superare guasti meccanici e, in alcuni casi, problematiche da mal di montagna. 

"Sono ancora incredulo che la spedizione sia avvenuta", ha dichiarato Miles. "La comunità scientifica cercava di prelevare una carota da questa regione da moltissimo tempo"

Tra il 27 settembre e il 1° ottobre, il team ha finalmente estratto tre carote: due profonde 105 metri e una più superficiale di 22 metri.

Questi campioni rappresentano il primo archivio glaciale, profondo e ininterrotto, mai raccolto nel Pamir. Le tre carote viaggeranno ora verso tre diversi continenti. La prima è custodita dalla Ice Memory Foundation e sarà conservata in Antartide, presso la base Concordia, come eredità per i ricercatori del futuro. La seconda è diretta all'Università di Hokkaido, in Giappone, per indagare i segreti del clima dell'Asia centrale. La terza, più superficiale, raggiungerà la Ohio State University per testare nuove metodologie di ricerca.

I dati, ricavati dall’analisi del ghiaccio antico, saranno fondamentali per migliorare i modelli meteorologici della regione, consentendo di approfondire la dinamica di fattori come i venti occidentali invernali che portano umidità alla catena e influenzano l'idrologia della zona. 

L’analisi degli isotopi e delle particelle intrappolate nel ghiaccio permetterà di ricostruire il clima degli ultimi 10.000 anni e tentare di verificare se l’anomalia sia frutto di cicli naturali o se sia da riconoscervi alla base anche un’influenza umana. Una ipotesi affascinante che verrà valutata è che l'anomalia sia stata alimentata dall'aumento dell'irrigazione nelle valli sottostanti, capace di generare più vapore e neve in quota. Ricostruire le dinamiche climatiche del passato, consentirà inoltre agli scienziati di ipotizzare scenari futuri maggiormente attendibili

In un'area che fornisce acqua a centinaia di milioni di persone, comprendere la dinamica dell'idrosfera risulta vitale. Come commenta Miles: "La società dovrà affrontare cambiamenti drammatici nei prossimi decenni. Credo che potremo fornire informazioni davvero utili".