Stelvio: inaugurato il nuovo Sentiero Geologico della Val Zebrù

L’Alta Val Zebrù si racconta attraverso un percorso didattico lungo il “Giro del Confinale”, che svela la sua ricca storia geologica e i segni del cambiamento climatico.

L’Alta Val Zebrù, nel cuore delle Alpi dell’Alta Valtellina, è un tesoro geologico nato circa 90 milioni di anni fa dalla collisione tra la placca euroasiatica e quella africana. Per valorizzare questo patrimonio, è stato ideato un percorso didattico lungo il “Giro del Confinale”, un sentiero ad anello che collega la Val Zebrù alla Valle dei Forni, attraversando sette tappe tematiche tra rifugi, paesaggi e preziose testimonianze geologiche.

Il percorso offre a studenti, docenti, escursionisti e appassionati l’opportunità di osservare direttamente affioramenti rocciosi, antichi ambienti tropicali, tracce di vulcani spenti e segni evidenti del cambiamento climatico. Ogni tappa racconta un capitolo della lunga storia delle Alpi, dall’incontro di rocce sedimentarie e metamorfosate al contatto tettonico tra Dolomie e Gneiss, fino agli effetti attuali dello scioglimento dei ghiacciai e delle frane.

Tra i punti di interesse principali, la Baita del Pastore, che mostra la linea di demarcazione tra due mondi geologici distinti, la frana di Punta Thurwieser, testimonianza della continua dinamicità alpina, e la Faglia del Confinale, una frattura della crosta terrestre che ha modellato il territorio. Il cammino si conclude con l’osservazione delle morene glaciali, preziosa finestra sugli effetti concreti del riscaldamento globale e sull’importanza di tutelare l’ambiente alpino.

 

Le 7 tappe

  • Stop n.1 – Baita del Pastore
    Da questo punto panoramico si coglie la doppia anima della Val Zebrù: da un lato rocce scure e vegetazione rigogliosa, dall’altro pareti grigie e brulle. Una vera e propria linea di confine tra due mondi geologici e ambientali distinti.

  • Stop n.2 – Frana di Punta Thurwieser
    Il 18 settembre 2004 una valanga di roccia ha interessato questo versante. Un evento impressionante che dimostra quanto dinamico e in evoluzione sia l’ambiente alpino, anche per effetto di frane e movimenti di massa.

  • Stop n.3 – La piattaforma carbonatica e i bacini marini anossici del Triassico
    Le rocce dolomitiche che circondano il Rifugio Quinto Alpini raccontano una storia antichissima: quella di mari tropicali, bacini privi di ossigeno e ambienti sottomarini in cui si sono formati sedimenti oggi visibili tra le cime alpine.

  • Stop n.4 – Il contatto tettonico tra le Dolomie e le Gneiss
    In questo punto si può osservare il “confine” tra due mondi geologici: le rocce dolomitiche chiare di origine sedimentaria e gli gneiss scuri di origine metamorfica. Un esempio concreto di come le spinte tettoniche abbiano sovrapposto materiali profondamente diversi, raccontando milioni di anni di storia geodinamica.

  • Stop n.5 – La Faglia del Confinale
    Qui affiora una faglia, cioè una frattura della crosta terrestre lungo la quale si sono mossi blocchi di roccia. Questo sito permette di comprendere l’intensa attività tettonica che ha modellato le Alpi e il ruolo delle faglie nella formazione delle valli alpine.

  • Stop n.6 – Le rocce verdi e il vulcanismo oceanico
    In questo tratto si incontrano le cosiddette “rocce verdi”, originate dal fondo di antichi oceani. Sono ciò che resta di un’arcaica attività vulcanica sottomarina, poi emersa e trasformata nel corso del tempo.

  • Stop n.7 – I segni del ritiro glaciale
    L’ultima tappa è una finestra sul presente (e sul futuro): morene, fronti glaciali e paesaggi modellati dallo scioglimento dei ghiacciai mostrano gli effetti concreti del riscaldamento globale e l’urgenza di tutelare questo fragile ecosistema alpino.