Bramani alpinista. Archivio Vibram.
Vitale Bramani con Giusto Gervasutti. Archivio Vibram.
Vitale Bramani a Punta Rasica. Archivio Vibram.In una tristissima giornata di settembre degli anni Trenta, in alta Val Masino, Vitale Bramani assiste alla morte per assideramento di alcuni sventurati sorpresi dalla tempesta in scarpette di corda. Gli scarponi chiodati sono rimasti alla base delle rocce e i giovani non hanno fatto in tempo a riprenderli. Bramani sa che i montanari e gli alpinisti calzano da lungo tempo le scarpe ferrate per muoversi sulle superfici gelate, calzandovi sopra i ramponi quando il pendio s’impenna, e sa anche che i ferri sono un problema in roccia, dove stridono e fanno scintille, tanto che bisogna sfilare dai piedi i pesanti scarponi e indossare le babbucce di feltro o di corda per avventurarsi sulle verticali che superano il quarto grado di difficoltà. Di fronte alla tragedia dei ragazzi senza scarpe, l’imprenditore alpinista lombardo decide che è tempo di cercare una soluzione: nessuno deve più rischiare la vita a causa di calzature imperfette. In collaborazione con la Pirelli, pensando a una suola universale che coniughi le esigenze dell’avvicinamento e della scalata, crea la rivoluzionaria gomma a carrarmato che oggi si usa anche in città. All’inizio sembra che l’invenzione non funzioni – troppo molle, troppo dura, sempre troppo qualcosa –, ma alla fine Bramani e Pirelli trovano la mescola giusta e sperimentano la nuova suola. Chiaramente la gomma ha un’infinità di vantaggi: è leggera, impermeabile, funziona sia sulla neve che sulla roccia. Lo scarpone chiodato ha già un piede nella fossa. Nel 1936 Giusto Gervasutti collauda il prototipo di scarpa “tra la pedula e lo scarpone” sulla seraccata della Vallée Blanche, nel massiccio del Monte Bianco, beandosi della leggerezza delle calzature e sollevando tutta la disapprovazione delle guide di Chamonix. “Quell’uomo è pazzo – malignano i valligiani –, quello si avventura su un ghiacciaio crepacciato in scarpe da città”. Ma l’anno dopo Bramani dà semaforo verde alla nuova suola scalando la difficile parete nord-ovest del Pizzo Badile, dove il vecchio scarpone era vietato. Sul Badile la suola trionfa e l’alpinismo cambia passo.