Le forre non sono discariche. E neppure parchi giochi

Le forre, ovvero i vuoti creati dall’erosione dell’acqua tra pareti di roccia ravvicinate, sono luoghi unici e di straordinaria bellezza. Spesso sono difficilmente accessibili e rappresentano ecosistemi fragili e complessi, spesso compromessi dalla presenza di rifiuti deliberatamente rilasciati al loro interno
Vi sono forre che, in ragione del difficile accesso e della ancora più complessa percorribilità, sono state esplorate solo in tempi recenti, a partire dagli ultimi decenni del secolo scorso. Allo stesso tempo si è affermata la pratica del torrentismo, con tecniche specifiche, autonome rispetto alla speleologia e all’alpinismo, e molte forre sono diventate luogo di una frequentazione prevalentemente sportiva. Insomma, le forre sono luoghi affascinanti e ibridi, che non di rado vennero chiamate “orridi”, ambienti che apparivano distanti e minacciosi, oscuri e misteriosi con un fondo irraggiungibile. Questa lontananza dall’esperienza umana unita alla prossimità con luoghi antropizzati e vie di comunicazione, ha portato a considerare le forre come gli ingressi degli abissi, luoghi ideali per smaltire, senza fatica e abusivamente, rifiuti.
Recupero materiali nella forra delle Bustecche. Il percorso attrezzato è breve e si compone di soli cinque salti di pochi metri, ma l'ambiente è unico perché la forra si sviluppa in un substrato roccioso poco comune: la gonfolite © Foto di Massimo Loriato

A due passi dalla città

Come ci ha raccontato Antonio Premazzi, Vicepresidente della Federazione Speleologica Lombarda (FSLo), uno di questi casi è rappresentato dal torrente Bustecche: «Il corso d’acqua si origina a poche centinaia dimetri dal centro della città di Varese e nel suo percorso verso meridione, prima di confluire nel fiume Olona, scava una forra assolutamente unica nel suo genere all’interno della gonfolite, un’antica roccia sedimentaria. Il tratto a monte della forra, pur di difficile accesso, si sviluppa ai margini del territorio urbano e raccoglie una notevole quantità di rifiuti. Da questo luogo così peculiare è partita l’opera di ripristino ambientale degli speleologi e dei torrentisti della sezione del Cai di Varese. Da qualche anno, sulle orme di precedenti esperienze, all’interno del Gruppo Speleologico, si è formato un gruppo di appassionati torrentisti che hanno percorso e attrezzato numerose forre del territorio prealpino a cominciare dalla, pur breve, forra delle Bustecche. Dall’incontro e dalla collaborazione con i volontari dell’associazione ambientalistica “Partetuttodanoi”, una realtà informale creata dai dipendenti di un’azienda, è scaturita l’idea di ripulire dai rifiuti il corso d’acqua».
La fase di raccolta dei rifiuti durante la seconda edizione dell'evento "Clean your Backyard" © Antonio Premazzi

Clean your backyard

Peter Beatrice, giovane speleologo e torrentista, tra i principali organizzatori dell’evento insieme al fratello Simon, coordinatore del Gruppo Speleologico del Cai Varese aggiunge: «Siamo arrivati alla seconda edizione dell’iniziativa denominata Clean your backyard (Pulisci il tuo giardino, n.d.r.) che ha come scopo il ripristino ambientale del corso del torrente Bustecche. Entrambe le giornate sono state un successo: al nostro appello hanno risposto speleologi e torrentisti delle sezioni Cai di Gavirate, Gallarate, Como e Erba, oltre a volontari e abitanti dei dintorni; questo ci ha permesso di recuperare la gran parte dei rifiuti abbandonati. L’iniziativa, patrocinata da Federazione Speleologica Lombarda, ha avuto successo anche grazie all’abilità di diversi tecnici del CNSAS, il Corpo Nazionale di Soccorso Alpino e Speleologico, presenti tra le nostre fila che, realizzando un paranco, hanno permesso di veicolare il materiale raccolto fuori dall’alveo». Si tratta, dunque, di un’esperienza esemplare che rappresenta un monito a non rilasciare rifiuti, ma è anche un invito a frequentare le forre senza considerarle solo un divertente parco acquatico naturale.
L'ambiente non è particolarmente ostile, ma la percorrenza è tecnica © Antonio Premazzi