Campu Oddeu, sentiero dell’anima nel cuore dell’Ogliastra

SARDEGNA

 

opra il paese di Urzulei, nell’Ogliastra orientale, si distende la piana di Campu Oddeu. Da sempre luogo di pascoli estensivi, di lavoro e di fatica, di pastori e caprai, fu teatro – tra Ottocento e Novecento – della più imponente devastazione forestale dell’isola per la produzione di carbone, che solcava poi il Mediterraneo verso i porti d’Europa.

Da qualche anno, grazie all’iniziativa di Pina e Michele, un rudere di proprietà comunale è stato trasformato in punto di accoglienza e oggi rappresenta l’unico punto tappa CAI in Sardegna, aperto agli escursionisti provenienti da tutta Europa. Si trova all’incrocio della Rete Escursionistica Sarda, non lontano dal Sentiero Italia CAI, nel cuore dei Supramonti di Sardegna.

È qui che, con Matteo Marteddu del Direttivo Regionale CAI, i soci CAI si sono dati appuntamento per due giornate di cammino, tra la fine di giugno e i primi di luglio, nonostante un meteo proibitivo. L’escursione si è svolta tra il Supramonte di Orgosolo e Urzulei, con approdo notturno al “rifugio”, unico nella piattaforma nazionale del Club Alpino Italiano.

Gli escursionisti hanno affidato i loro pensieri alla scrittura, come se seguissero le tracce della segnaletica CAI:

Cari Pina e Michele, guardiamo le stelle sopra Lampathu. Quella distesa unica, infinita, che riconcilia il mondo, almeno la notte. Pensiamo a chi non ce l’ha. O lo ha solcato di lampi di paura, e non lontano da qui. Grazie a voi per le cortesie di cui siete capaci. Campu Oddeu per noi – siamo una banda modulare CAI – è un rito quasi sacrale. L’anno non sarebbe compiuto senza quelle visioni e quelle sudate polverose.

Da Montes, compendio e scrigno di storie e tragedie di comunità, sempre col suo fascino, verso Fumai, Monte Novo e Janna ‘e Ventu. Inseguendo il Sentiero Italia, che per noi è come il senso di un’anima che ci ispira.

Quando scendiamo al Flumineddu, sappiamo che non è come gli altri fiumi di Sardegna. Attraversa tortuose storie intricate di comunità che lo affiancano. Quando nasce, come dal nulla, sotto la roccia de Sa Muidorza, non ha vita facile e si riimmerge per rinascere e scomparire.

S’Inguttidorgiu per noi è ancora mistero, come Sa Grutta e S’Edera o gli anfratti di Berd’e Balla, villaggio e nuraghe le cui popolazioni forse ogni mattina si inchinavano di fronte alla guglia di Monte Novo.

Saltato Badu Osti e le piscine limpide del fiume, S’Arena e le tombe di Fennau, civiltà antica, comunitaria, che eliminava le differenze anche dopo il passaggio della morte. E ci fermiamo lì per pensarci. Anche se le realtà delle nostre storie ci sbattono subito le piazzole carbonaie, che gridano ancora vendetta di devastazione e deserto.

La gola di Codula sa Mela, paesaggi aspri dove la vita dei caprai si srotolava quasi senza futuro. Eppure, oggi fascino ancora dai cuiles sparsi sulla piana.

C’è tanto ancora che ci spingerebbe verso Genna Ortoga, Sedda ‘e Ar Baccas e oltre le creste. Ma abbiamo un appuntamento, qui, sotto Punta Orotecannas, che di anno in anno non vogliamo mancare. Lampathu è diventato per noi punto trigonometrico dei paesaggi d’Ogliastra, e di amicizie aggrappate alla terra e al calcare.