Crollo del ghiacciaio Birch: la parola all'esperto. "Più caldo, più crolli"

Con Luigi Perotti, segretario generale del Comitato Glaciologico italiano, abbiamo fatto un approfondimento sulle cause del fenomeno, la sua prevedibilità e le aspettative future
L'area interessata dal crollo

Il crollo del ghiacciaio Birch, che il 28 maggio ha travolto il villaggio di Blatten in Svizzera, ha generato un distacco di ghiaccio, roccia e neve per milioni di metri cubi e ha provocato un terremoto di magnitudo 3,1 sulla scala Richter. 

Abbiamo intervistato Luigi Perotti, segretario generale del Comitato Glaciolocigo italiano, ente che, sin dal 1922, quando è stato pubblicato lo statuto, si occupa dello studio geologico, morfologico, topografico, idrologico, fisico e climatologico dei ghiacciai. Con lui abbiamo approfondito le cause geologiche del fenomeno, la sua prevedibilità e aspettative future

 

Cosa ha causato il crollo del ghiacciaio Birch?

Ci sono una serie di concause. Intanto, sopra il ghiacciaio c'è una montagna, "Il re del Vallese" – Bietschhorn – che raggiunge circa i 4000 metri, ha pareti con versanti molto acclivi, quindi con forte pendenza. Da queste, nelle settimane scorse, hanno cominciato ad esserci dei crolli che hanno raggiunto il ghiacciaio Birch, coprendolo in parte. Gli studiosi hanno notato che il ghiacciaio, anche lui in una posizione di forte pendenza, aveva dei movimenti verso valle anche di 1-2 metri al giorno, che sono rapidissimi, considerando che un ghiacciaio si muove di qualche decina di metri in un anno.

 

Per questo il villaggio di Blatten è stato evacuato il 19 maggio?

Esatto.

 

E perché ci sono stati crolli dalla montagna?

Adesso gli esperti stanno facendo le analisi per capire le cause, ma sicuramente uno dei motivi ha a che fare con il degradamento del permafrost che stiamo osservando negli ultimi anni, soprattutto sopra i 3000 metri, e che rende le parti rocciose più fragili e propense al crollo.

 

E il crollo del ghiacciaio?

Lì potrebbe esserci stata una fuoriuscita dell'acqua di fusione che è andata a finire sull'interfaccia ghiacciaio roccia, favorendo il distacco della base del ghiacciaio. Praticamente, nel punto in cui il ghiacciaio si congiunge con la roccia, infiltrazioni di acqua in profondità ad una temperatura più alta del normale contribuiscono all'accelerazione a valle del ghiacciaio (il ghiacciaio si muove più velocemente verso la valle, ndr). Ma questo ancora bisogna stabilirlo, sono in corso degli studi.

 

Come si stabiliscono le cause ex post?

È difficile anche perché adesso l'area è piena di detriti. Bisogna fare dei rilievi sul terreno, verificare se ci sono tracce di fuoriuscita d'acqua, misurare le temperature in parete.

 

È la prima volta che in quella zona accadono episodi del genere? 

Tutte le Alpi sono più o meno nella stessa situazione. In passato ciò accadeva a quote più basse, ma ora iniziano a manifestarsi anche a 3000/3500 metri perché le temperature della roccia e del ghiaccio si stanno alzando. Inoltre, negli ultimi 30 anni, i ghiacciai hanno avuto un'accelerazione molto alta – perdita di ghiaccio – quindi tutte le aree che prima erano coperte di ghiaccio, e ora sono scoperte, liberano energia e questa può dare luogo a crolli.

 

E prima a che altitudine avvenivano questi episodi?

Riguardavano tutte la zona alpina sopra i 2000 m, al di fuori della vegetazione.

 

Sembra che la causa alla quale far risalire tutti questi episodi sia l'innalzamento delle temperature…

Sicuramente un'area glaciale di quel genere, a quelle quote, fino a qualche decina di anni fa era mantenuta tutto l'anno a temperature rigide e quindi tutti questi fenomeni non accadevano. Negli ultimi anni stiamo notando un'accelerazione del numero di questi crolli, anche e soprattutto a quelle quote.

Il problema è anche l'interazione con l'uomo: al fondo dei canaloni ci sono i paesi alpini, costruiti lì perché sono zone comode, più alte, dove c'è visibilità, ma anche perché 100 anni fa non c'erano questi rischi. Ci sono poi le stazioni sciistiche, poste in aree elevate di montagna.

Come comitato glaciologico, a noi interessano i processi naturali che si sviluppano in montagna e li seguiamo. Stanno appunto accadendo interazioni tra la natura e l'uomo in modo più frequente perché le aree lasciate libere dei ghiacciai sono maggiori.

Questo è un'evidenza: stiamo assistendo a un aumento di frequenza di questi eventi e quindi cerchiamo di studiarli per capire sempre di più come funzionano.

 

Ci può dare una stima dell'accelerazione dei ghiacciai?

Negli ultimi 30 anni i ghiacciai alpini hanno perso più o meno il 30% della loro area. E stiamo parlando di un abbassamento dei volumi di ghiaccio, quindi dell'altezza dei ghiacciai di 1-2 m all'anno.

 

E il ghiacciaio Birch è stato interessato più o meno degli altri ghiacciai dell'arco alpino da questi fenomeni?

Non possiamo avere un'idea. Chi si occupa di montagna sa che le zone alpine sono diventate zone a rischio, ovviamente quando c'è di mezzo l'uomo, perché ci sono tantissime altre zone in cui questi fenomeni si sono già verificati, ma non essendoci presenza umana, non c'è stata la notizia.

 

Per esempio?

Nella zona del Monte Bianco o in tutta la Valle d'Aosta ci sono spesso questi crolli, magari di dimensioni più limitate. Ci vengono segnalati dalle guide alpine che percorrono quelle quote. Un caso simile a quello a cui abbiamo assistito il 28 maggio riguarda il ghiacciaio della Grand Jorasses in Val Ferret, sul Monte Bianco: è un ghiacciaio sospeso a circa 4000 m e la regione Valle d'Aosta ha disposto un monitoraggio continuo da parecchi anni perché si stanno verificando dei crolli che possono arrivare a valle, dove c'è un abitato nella zona di Courmayeur.

 

Tornando al ghiacciaio Birch, il crollo ha ostruito il fiume Lonza. Quali possono essere gli scenari futuri?

Succede spesso in questi eventi: tutto il materiale crollato, ghiaccio, roccia, arriva a valle e la ostruisce, creando un lago di sbarramento. Potrebbe esserci una tracimazione improvvisa, dovuta ad una rottura dell'argine, da cui consegue un deflusso d'acqua che può provocare una piccola alluvione.

 

La situazione del villaggio Blatten è sotto controllo?

Sì, la situazione è monitorata e si potrebbe procedere ad uno svuotamento artificiale.

 

In cosa consiste?

Viene creato un sifone naturale, o un canale artificiale oppure tramite delle pompe si fa defluire l'acqua in maniera diciamo "tranquilla", senza che ci sia una rottura improvvisa. Anche qui il problema si pone se a valle del corso d'acqua ci sono altri villaggi che verrebbero invasi.

 

È possibile che ci siano nuovi crolli dalla montagna da cui si è staccato il ghiacciaio Birch?

Adesso è venuta via tutta la parte più fragile, però non si può prevedere. Bisogna fare un monitoraggio di dettaglio, installare dei sensori, fare delle scansioni delle pareti per capire anche il grado di fratturazione e le temperature.

 

E con tutte queste rilevazioni, sarebbe evitabile un crollo?

No. Sono processi naturali. Non possiamo evitarli, fanno parte della storia geomorfologica delle zone alpine. Quello che facciamo è monitorarli e capire l'interazione con l'uomo.

 

È possibile che nel futuro assisteremo sempre di più a fenomeni di questo tipo? 

Noi pensiamo che con l'innalzamento delle temperature e l'arretramento dei ghiacciai, questi fenomeni saranno più frequenti proprio perché le aree predisposte ai crolli saranno maggiori.

 

Un'ultima domanda: quanto descritto fino ad ora è ciò che è successo anche per il crollo avvenuto sulla Marmolada nell'estate 2022?

In quel caso si è staccata una parte della fronte del ghiacciaio della Marmolada. Un processo naturale che si sviluppa in luoghi dove non pensavamo. Anche in questo caso l'acqua di fusione potrebbe aver raggiunto l'interfaccia ghiacciaio roccia o essersi inserita nei seracchi e aver forzato il distacco della parte frontale. L'interazione con l'uomo non è stata con delle strutture abitative ma con i sentieri che passavano a valle. Oggi frequentare la montagna significa anche capire che alcuni processi naturali possono avvenire ad altitudini prima inaspettate.