Il k2 in sci

Marco Majori e Federico Secchi ci hanno raccontato i dettagli della loro spedizione a poche ore dalla partenza.

Sono partiti per il Pakistan domenica 16 giugno, ma nella concitazione degli ultimi preparativi hanno trovato il tempo di dedicare a Lo Scarpone CAI una chiacchierata per raccontare l’ambizioso progetto, sponsorizzato anche dal Club Alpino Italiano, della discesa in sci dal K2 nel 70esimo anniversario della prima scalata alla seconda montagna più alta del mondo. Stiamo parlando di Federico Secchi e Marco Majori, entrambi valtellinesi. Guida alpina il primo e primo graduato dell'Esercito Italiano il secondo nonchè ovviamente Guida alpina della Sezione Militare d’Alta Montagna del Centro di Addestramento Alpino di Aosta. 

Federico Secchi (a sx) e Marco Majori (a dx).

La loro tabella di marcia prevede un tentativo al Broad Peak per una salita, con relativa discesa, di acclimatamento prima di raggiungere il campo base del K2 da cui partire senza portatori né ossigeno supplementare. 

«Dopo il Manaslu – esordisce Secchi – da cui siamo scesi sci ai piedi nel 2021, il K2 ci sembrava l’evoluzione naturale. L’idea è salire in vetta dallo Sperone Abruzzi e poi scendere lungo l’itinerario individuato da Andrzei Bargiel che ha effettuato la prima assoluta nel 2018. Si ripercorre la via classica del Collo di Bottiglia, dove ci riferiscono che è crollata una porzione di seracco rendendo più sciabile il passaggio, fino al Campo 4 per poi seguire la via Cesen fino al Traverso Messner e spostarsi sulla Via dei Polacchi per raggiungere la base della montagna». 

Nella pianificazione di un’impresa del genere, il primo aspetto da considerare è quello della sicurezza. 

«Sul K2 – prosegue Majori – la criticità maggiore che prevedo per la fase di discesa è legata alla grande articolazione dei pendii e alla loro pendenza. Sul Manaslu, dove i versanti sono molto ampi, occorreva valutare con grande attenzione il pericolo valanghe, ma quest’anno le variabili saranno molto più complesse da gestire. Bisognerà essere sempre lucidi, nonostante la quota, per prendere sempre la decisione giusta. Inoltre, per ridurre il rischio di perdere la via, ci siamo esercitati con il videomaker che ci seguirà in spedizione nell’uso del drone per indicarci il percorso corretto di discesa». 

D’altronde, anche la scelta di utilizzare gli sci garantisce qualche vantaggio. 

«Sicuramente – prosegue Secchi – la discesa avviene più rapidamente. In pochi minuti riusciamo a coprire un tratto che richiede una mezzoretta a piedi. E in salita il peso dell’attrezzatura non è così limitante: gli scarponi da scialpinismo sono leggermente più pesanti di quelli da alta quota e garantiscono prestazioni analoghe. Relativamente agli sci, porteremo in spedizione un modello più leggero per il Broad Peak, mentre sul K2 serviranno quelli più strutturati e robusti. Speriamo che il meteo ci possa regalare buone condizioni di neve». 

Quando si parla di sci, non si può prescindere dalla dimensione del divertimento che una discesa con gli assi ai piedi su neve può spesso regalare. 

«Chiaramente – conclude la chiacchierata Majori – l’aspetto della quota è determinante perché oltre gli 8000 metri, bisogna fermarsi per riprendere fiato dopo poche curve. Ma al di sotto, devo ammettere che c’è anche spazio per disegnare belle tracce se la neve lo consente. Per prepararci, con Federico abbiamo sciato moltissimo cercando una molteplicità più ampia possibile di terreni su cui esercitare le nostre skills e mettere alla prova l’attrezzatura. Non ci resta che iniziare la salita e poi si vedrà».