Sono 7 gli orsi morti in Trentino dall'inizio del 2023

Il veterinario Alessandro De Guelmi commenta il recente ritrovamento di 3 orsi morti tra le montagne trentine e il pericoloso clima di contrapposizione che si respira in relazione ai plantigradi.

«In questo momento stiamo vivendo una polarizzazione estrema nelle opinioni e nei sentimenti che l’opinione pubblica ha verso gli orsi in Trentino. Penso che questo aspetto abbia avuto un ruolo nel ritrovamento di ben 7 orsi morti dall’inizio dell’anno». 

Alessandro De Guelmi è un veterinario in pensione, specializzato in fauna selvatica con un’esperienza trentennale sui plantigradi osservati e studiati in varie parti del mondo. Il suo è un commento senza mezzi termini a proposito del recente ritrovamento di 3 orsi morti in Provincia di Trento. Un bilancio ancor più preoccupante se si considerano i dati registrati durante il 2023. 

Il veterinario Alessandro De Guelmi durante le operazioni di cattura di un orso. © Alessandro De Guelmi

«Non abbiamo ancora i risultati tossicologici effettuati dall’istituto zooprofilattico sulle carcasse ritrovate – prosegue De Guelmi – ma è plausibile che l’elevato tasso di mortalità sia stato provocato da bracconaggio o avvelenamenti favoriti dal clima diffuso nelle valli trentine in seguito alla morte del runner Andrea Papi. Oltretutto, si stima che in un ambiente particolarmente impervio come quello alpino, soltanto la metà degli orsi deceduti viene ritrovata perché gli animali feriti hanno la tendenza a rifugiarsi nelle tane o negli anfratti dove, in caso di morte, non vengono più ritrovati. Dopo il tragico incidente dello scorso aprile, l’opinione pubblica è divisa tra coloro che vivono in montagna e hanno sviluppato un’avversione, nutrita dalla paura, verso l’orso e verso chi vive in città che non si rende conto dei problemi provocati dai plantigradi. È naturale che qualcuno approfitti della situazione per farsi giustizia da sé mettendo a serio rischio la sopravvivenza della specie». 

 

Qual è il sentimento che si percepisce nelle valli trentine? 

«In generale le persone provano rabbia perché non si sentono tutelate. E non mi riferisco soltanto alle responsabilità dell’amministrazione provinciale trentina nei confronti della quale ho personalmente un atteggiamento molto critico. Si tratta a mio avviso di un’incoerenza generalizzata da parte dell’intero apparato statale, TAR e magistratura compresi, che non consente azioni concrete di gestione della specie e dei problemi che provoca. 

 

Come avviene una corretta gestione dell’orso? 

«Dal mio punto di vista, condiviso da gran parte della comunità scientifica, gli orsi pericolosi vanno abbattuti. Ma queste operazioni devono essere supportate da una seria attività scientifica di monitoraggio per quantificare con precisione la consistenza della popolazione degli orsi e l’entità dei danni e dei pericoli, di informazione presso la popolazione sulle buone pratiche finalizzate alla convivenza e di applicazione delle misure di prevenzione in caso di necessità. Invece mi sembra che negli scorsi mesi, quando era necessario incrementare questo impegno, si sia fatto l’esatto contrario». 

L'incontro ravvicinato con un orso. © Alessandro De Guelmi

La coesistenza tra esseri umani e orsi è possibile in Trentino? 

«Assolutamente sì, come avviene in altre parti del mondo con simili concentrazioni di popolazione umana e plantigrada. Lo affermano anche la SAT e il CAI, tra gli altri. Ma bisogna adottare politiche e strategie gestionali al passo con i tempi e con l’evoluzione delle specie. Il discorso vale per tutti i grandi carnivori: i lupi e, in parte, gli orsi sono cresciuti numericamente negli ultimi anni ma le azioni per affrontare le problematiche che la loro presenza solleva sono ferme da decenni. Invece ci troviamo in una situazione di assenza di regole e politiche che favorisce l’illegalità e mettono seriamente in pericolo la conservazione della specie. Mi metto nei panni di coloro che hanno la responsabilità della sicurezza sul territorio come gli amministratori locali. Si trovano oggettivamente in difficoltà per una carenza di regole da applicare, ma penso anche che alimentare paure e fratture nella società civile sia soltanto peggio. Ci vuole dialogo con tutti i portatori di interesse, dagli allevatori ai cacciatori fino alle associazioni animaliste, per trovare soluzioni condivise in grado di proteggere realmente la sopravvivenza degli orsi».