L’impatto dei cambiamenti climatici sui rifugi e bivacchi d’alta quota

Con Riccardo Giacomelli, Presidente della Struttura operativa Rifugi e Opere Alpine, e Piero Carlesi, Presidente del Comitato Scientifico Centrale, abbiamo cercato di valutare l’impatto del riscaldamento globale sui rifugi d’alta quota e il valore dei Rifugi-Sentinella nel monitoraggio dei cambiamenti climatici
Il terreno si slaccia, si disgrega, si disintegra. Un crescente tepore consente alle rocce e ai detriti di svincolarsi dalla morsa del freddo per assecondare la forza di gravità. Piombano quindi verso il basso, a volte compiendo interminabili voli acrobatici: centinaia e centinaia di metri lungo i fianchi delle montagne, in una corsa che di solito si esaurisce con uno schianto mostruoso. In alta montagna, i cambiamenti climatici non stanno causando esclusivamente la fusione dei ghiacciai, ma anche quella del permafrost, ovvero di quel terreno che, per almeno due anni consecutivi, rimane a una temperatura inferiore o uguale allo zero. Il riscaldamento globale, com’è facile intuire, sta progressivamente guastando la compattezza di questi terreni, accrescendo il rischio di crolli, di frane e di improvvisi cedimenti, ma anche esponendo le strutture arroccate sui picchi più vulnerabili a una condizione di precarietà. In molti hanno ancora negli occhi le immagini aeree del bivacco Alberico-Borgna o, meglio, di quel che ne rimaneva dopo il cedimento della terrazza di blocchi su cui era posato il bivacco, nei pressi del Col de la Fourche (3.682 metri). In quel bivacco, il 9 luglio del 1961, le cordate guidate da Walter Bonatti e dal francese Pierre Mazeaud si incontrarono e decisero di unirsi per effettuare insieme il tentativo di scalata del Pilone centrale del Freney. Sotto i colpi dei cambiamenti climatici non è quindi scomparsa una semplice struttura, bensì un importante luogo della memoria, nel quale era custodita una delle pagine più celebri e tragiche della storia dell’alpinismo.  
Bivacco Alberico-Borgna
Il Bivacco Alberico-Borgna prima del crollo © Archivio C. Barbolini
Il crollo dell’Alberico-Borgna ha contribuito a richiamare l’attenzione sulle conseguenze che l’innalzamento delle temperature potrebbe provocare sulle strutture installate a quote considerevoli. Tuttavia, come ricorda Riccardo Giacomelli, Presidente della Struttura operativa Rifugi e Opere Alpine del Club alpino italiano, bisogna stare attenti a non generalizzare: «Molto dipende dalla posizione della struttura. Tanti rifugi che si trovano sui ghiacciai – spiega Giacomelli – spesso sono installati su roccia o su sistemi di accumulo già consolidati. È quindi scorretto, a mio parere, portare avanti un allarme generale. Tuttavia – prosegue – al momento ci sono delle situazioni sotto monitoraggio. Fra queste c’è anche la Capanna Regina Margherita: abbiamo affidato al Politecnico di Milano un’indagine conoscitiva per valutarne la stabilità. Stiamo compiendo queste analisi in via preventiva, a carattere di studio, poiché in alcune giornate stiamo riscontrando delle temperature sopra allo zero nonostante la Capanna si trovi a oltre 4500 metri. È giusto però chiarire che la Capanna attualmente è molto sicura e, anzi, sarà oggetto di interventi di consolidamento. Ci sono tuttavia altre strutture che presentano dei problemi, in particolare stiamo iniziando a controllare con attenzione i bivacchi perché hanno un sedime molto piccolo e spesso sono collocati in posizioni un po’ più estreme».

Rifugi Sentinella

Rifugi e bivacchi, se da un lato rischiano dunque di cadere vittima dei cambiamenti climatici, dall’altro possono aiutare ad analizzarli. È il caso delle cosiddette sentinelle dell’ambiente, ossia di quei rifugi dotati di centraline meteorologiche finalizzate a misurare temperatura, vento, pressione, umidità e inquinamento. Come ci ha spiegato Piero Carlesi, il nuovo Presidente del Comitato Scientifico Centrale del Club alpino italiano, «oggi come oggi è stata montata una sola centralina al Rifugio Galassi. È però in programma, nell’ambito di un progetto nato in collaborazione con il CNR, l’istallazione di altre centraline, distribuite lungo tutta la Penisola per monitorare sia le Alpi che gli Appennini: al rifugio Mantova sulla vetta del Vioz, al rifugio Telegrafo sul Monte Baldo, al rifugio Città di Carpi nella zona di Misurina, al rifugio Rossi sulle Alpi Apuane, al rifugio Duca degli Abruzzi sul Gran Sasso e, infine, al rifugio Citelli sulle falde dell’Etna».