Le Alpi sono sempre più verdi

Uno studio di Arpa Valle d’Aosta conferma come molte specie vegetali stiano migrando in quota per adattarsi all’aumento delle temperature. Un processo da approfondire nell’ottica del contrasto alla crisi climatica e delle sue conseguenze per le attività umane
«La colonizzazione della vegetazione dal basso verso l’alto, al di sopra del limite della foresta, riguarda l’intero arco alpino, da Nizza a Vienna. Non ci sono zone dove, al contrario, la flora stia arretrando». Queste le parole di Edoardo Cremonese, uno dei ricercatori di Arpa Valle d’Aosta che hanno condotto lo studio The tempo of greening in the European Alps: Spatial variations on a common them, coordinato dal Laboratorio di Ecologia Alpina dell’Università di Grenoble.

Le montagne rifugio climatico per molte specie vegetali

Cremonese spiega che la migrazione verso le cime delle montagne di diverse specie vegetali come conseguenza dell’aumento delle temperature è cosa nota ormai da una decina d’anni. Questo grazie soprattutto alla Rete Gloria, che monitora gli effetti del cambiamento climatico sulla vegetazione di alta montagna attraverso analisi e misurazioni periodiche effettuate in aree sommitali predefinite.
«La Rete Gloria rappresenta la base conoscitiva su questo processo di migrazione. Un processo di grande rilevanza dal punto di vista della conservazione della biodiversità, perché dimostra come le montagne rappresentino un rifugio climatico per quelle specie che non sopravviverebbero all’innalzamento delle temperature delle quote più basse. Con il nostro studio abbiamo avuto la dimostrazione che le montagne sono l’ultimo luogo in cui determinate specie possono vivere».

Dati raccolti in maniera sistematica su tutte le Alpi

Lo studio di Arpa Valle d’Aosta ha avuto il valore aggiunto di non basarsi esclusivamente su dieci, quindici punti monitorati, ma di essere stato condotto in maniera sistematica sull’intero arco alpino.
«La nostra ricerca è stata una sorta di sviluppo dei risultati già indicati dalla Rete Gloria. Per la prima volta infatti abbiamo analizzato questo fenomeno su tutte le Alpi, utilizzando i dati satellitari relativi agli ultimi vent’anni che trattano il tema del rinverdimento. Quest’ultimo è un processo che riguarda l’intero pianeta, soprattutto alle altitudini più elevate».
Mappa rinverdimento
Mappa dell’intensità del rinverdimento nelle Alpi tra il 2000 e il 2020, ottenuta con l’analisi di dati satellitari © Arpa Valle D'Aosta

Alcune zone si “rinverdiscono” di più

Un altro aspetto importante da sottolineare è che la vegetazione sta crescendo dappertutto sull’arco alpino, ma non lo sta facendo ovunque con la stessa intensità. Da vent’anni a questa parte, i versanti detritici esposti a nord sopra i 2000 metri di altitudine si stanno “rinverdendo” di più. Per spiegare questo fenomeno, Cremonese avanza due ipotesi.
«Un motivo può essere il fatto che questi versanti, più inospitali, stanno venendo colonizzati da specie con caratteristiche pioniere. Sono specie erbacee, arbusti e alberi evolutivamente più efficaci, capaci di adattarsi meglio a un ambiente più ostile e dunque di “approfittare” maggiormente dei cambiamenti climatici. Al contrario, nei versanti esposti a sud sono presenti piante meno competitive, che hanno da tempo una propria area perché hanno già beneficiato delle temperature più alte. L’ulteriore innalzamento non ha portato loro nuovi benefici».
La seconda ipotesi riguarda il ruolo della neve, che sui versanti esposti a nord si scioglie, e dunque rilascia acqua, più tardi.
«A nord, in assoluto, le piante non ricevono più acqua di prima, ma la ricevono dopo, nel momento in cui ne hanno maggiore bisogno per crescere, venendo così favorite rispetto a quelle dei versanti meridionali».

Un processo da approfondire per il contrasto alla crisi climatica

Il tema dell’aumento della vegetazione in alta montagna assume una particolare rilevanza quando viene studiato dalla prospettiva della mitigazione dei cambiamenti climatici. «È un processo da conoscere approfonditamente e da modellare perché può aiutarci a contrastare la crisi climatica grazie al ruolo di sequestro dell’anidride carbonica svolto dalle piante». Secondo Cremonese, non è il momento giusto per dire se il rinverdimento delle montagne sia un fatto positivo o, al contrario, negativo.
«Innanzitutto siamo di fronte a una conseguenza del riscaldamento globale meno nota rispetto, per esempio, al processo di riduzione dei ghiacciai. Mi preme però sottolineare che questi ultimi interessano una porzione molto piccola delle Alpi. Al contrario, il rinverdimento riguarda una porzione assai più estesa della superficie alpina. Ed è dunque più importante, anche perché parte di questi fenomeni interagiscono con le attività umane sul territorio e con altre tendenze, come la riduzione della pressione agricola nelle Terre alte. Si tratta di un processo che avrà certamente delle conseguenze sui servizi ecosistemici che la natura offre all’uomo. Possiamo dire che, se da un lato, il fenomeno è positivo per la stabilizzazione dei versanti montani, dall’atro è negativo per l’agricoltura».
Cremonese conclude sostenendo quanto sia importante approfondire questo tipo di studi.
«Il rinverdimento dovrà essere studiato a scala di dettaglio per comprendere in maniera approfondita le sue implicazioni su territori e popolazioni. La nostra ricerca vuole essere una sorta di apripista per futuri studi e analisi».
Per approfondire leggi l'articolo "La grande accelerazione arriva in vetta" di Carlo Crovella e Elena Barni pubblicato a pagina 34 di Montagne360 di ottobre 2018