Fossili in Val d'Ambria: anfibi, rettili e cambiamento climatico per una storia lunga 280milioni di anni

I fossili ritrovati in Val d'Ambria testimoniano che la zona, 280milioni di anni fa, era diversa da come appare oggi: era una piana alluvionale, non c'erano ancora le Alpi ma soprattutto il clima era in cambiamento. Si stava passando da un clima più umido ad uno più raro, con livelli di CO2 simili a quelli che stiamo per raggiungere oggi. L'intervista al professor Ausonio Ronchi

Per noi geologi milioni di anni sono come giorni. 280 milioni di anni fa è l'altro ieri

Ausonio Luigi Ronchi, stratigrafo e professore ordinario presso il Dipartimento di Scienze della Terra e dell'Ambiente all'università di Pavia, commenta così i ritrovamenti fossili in Val d'Ambria, nel Parco delle Orobie Valtellinesi.

Negli ultimi due anni il professore ha studiato questi fossili insieme ai colleghi e dottorandi del suo Dipartimento – Niccolò Menegoni, Rudy Scarani, Stefano Bonizzoni e Marco Cattaneo – al Museo Civico di Storia Naturale di Milano, al Museo für Naturkunde di Berlino e in collaborazione con la Soprintendenza Archeologia, belle Arti e paesaggio per le Province di Como, Lecco, Sondrio e Varese e con il Parco delle Orobie Valtellinesi.

Del lavoro svolto, sarà fatta anche una pubblicazione scientifica, in uscita il prossimo anno.

Intanto, il professor Ronchi ci accompagnerà alla scoperta della Val d'Ambria di 280 milioni di anni fa.

 

La scoperta

La prima segnalazione del sito, nell’alta Val d'Ambria (Valtellina), è stata un vero e proprio colpo di fortuna. "Un paio di anni fa l'escursionista Claudia Steffensen si è imbattuta in un masso con delle geometrie particolari e ne ha parlato con il fotografo naturalista Elio della Ferrera, che conosce bene l'area. Quando lui è arrivato sul posto, ha trovato molte altre impronte e ne ha segnalato la presenza al curatore paleontologo del Museo di Storia Naturale di Milano Cristiano Dal Sasso. È stato lui a chiamarmi e contestualmente ad avvisare un paleontologo che ora è al Museo di Berlino. Siamo andati tutti sul posto".

Il luogo del ritrovamento si trova a circa 2000 metri di altezza: gli studiosi, dopo aver scoperto la presenza di tantissimi resti fossili, hanno dato il via a campagne di rilevamento tra il 2023 e il 2025. "È stata una cosa un po' avventurosa perché abbiamo prelevato tantissime lastre di roccia e le abbiamo caricate sugli elicotteri per portarle a valle".

Il sito del ritrovamento è molto particolare. "I rilievi sono stati fatti nella parte valtellinese di quello che noi chiamiamo Bacino orobico. Nella parte superiore ci sono monti alti circa 2700/2900 metri, come il monte Aga, il Pizzo dell'Omo e il Pizzo del Diavolo di Tenda. Le pareti di questi rilievi sono molto ripide e gli strati di roccia sono quasi impossibili da rilevare. Per fortuna dalle pareti si staccano dei massi e su questi è possibile fare le rilevazioni".

 

Non solo impronte sul fango

Impronte di anfibi e di rettili: questi i principali fossili trovati. "Dagli organismi più piccoli, come le salamandre, ad animali più grandi come anfibi grossi fino a un metro e mezzo o due". Gli animali più grandi che hanno abitato la zona erano probabilmente dei sinapsidi: "rettili carnivori considerati come antenati dei mammiferi. Niente a che vedere con i dinosauri, che sarebbero arrivati circa 40 milioni di anni dopo".

A questi si aggiungono anche tracce di invertebrati, di insetti e artropodi di vario tipo, come millepiedi e scorpioni. Infine, anche tracce vegetali: "Abbiamo trovato fronde di conifere, parti di tronchi, rami, semi di vario tipo che adesso stiamo studiando. La vegetazione si è conservata meno rispetto alle impronte".

 

Uno spaccato di vita di 280 milioni di anni fa

I fossili hanno 280 milioni di anni. "Siamo nel Permiano, l'ultimo periodo del Paleozoico". La zona dei ritrovamenti della Val d'Ambria, che oggi è a oltre 2000 metri d'altitudine, all'epoca appariva molto diversa. "Bisogna immaginare una piana alluvionale con bacini lacustri spesso temporanei e in certi punti anche laghi un po' più profondi, a volte salini. Il paesaggio che avremmo avuto davanti ai nostri occhi è simile a quello della Valle della Morte in California, una zona pianeggiante ad alta aridità con alternanze stagionali molto forti. E attorno, anche un po' lontane, le montagne".

Bisogna attendere ancora 250 milioni di anni per iniziare a vedere le Alpi!

 

Un ambiente ricco e in cambiamento

Dallo studio dei fossili si può ricostruire un ambiente caratterizzato da notevole biodiversità. Nonostante ritrovamenti simili, risalenti al periodo Permiano inferiore, siano stati fatti anche in altri bacini sedimentari della zona subalpina – Prealpi bresciane, bergamasche e in Trentino – ciò che qui colpisce è la grande varietà. "La quantità e la qualità di fossili presenti è davvero inusuale. Siamo convinti che, probabilmente, in nessun altro posto del mondo è stato trovato qualcosa di simile in depositi continentali appartenenti a questo intervallo di tempo".

Lo studio racconta anche che il clima era in cambiamento. "Già all'epoca si stava manifestando un turnover biologico con sempre meno anfibi rispetto ai rettili dato che si stava passando da un clima più umido ad uno sempre più arido. Inoltre, il livello di CO2 in atmosfera anche se più alto degli attuali 400 ppm - indica una concentrazione di 400 particelle di CO2 in un milione di particelle d'aria (ndr) – mostrava livelli non tanto distanti da quelli verso i quali stiamo andando noi ora".

Un cambiamento climatico che possiamo considerare simile a quello che stiamo vivendo in questi ultimi anni, dunque. "Ovviamente nel Permiano queste concentrazioni di CO2 erano dovute a forti eruzioni vulcaniche che causavano enormi accumuli di gas serra nell'atmosfera. Nel nostro caso, e la scienza non ha dubbi, il riscaldamento così rapido è di natura antropica".

Il professore spiega che i cicli climatici sono naturali, a differenza dei tempi rapidi di cambiamento. "L'impennata delle temperature che si è verificata negli ultimi decenni e iniziata nell'arco di 100/150 anni non può essere attribuita alla natura, ma all'uomo".

 

Da un'impronta ad un fossile

Le impronte si sono create nel fango. "Gli animali si muovevano su un terreno fangoso, abbastanza umido da lasciare che l'impronta si imprimesse. Poi il fango si seccava e se arrivava un'alluvione, portava con sè l'argilla e questa sigillava l'impronta".

 

Fotocamere, droni e difficoltà logistiche

Non tutti i massi sono stati trasportati a valle con l'elicottero. Quelli che non potevano essere spostati sono stati fotografati con fotocamere ad alta risoluzione per poi effettuare ricostruzioni fotogrammetriche. Per poter ricostruire la valle dal punto di vista geomorfologico e tettonico, alcuni rilievi sono stati fatti anche con i droni.

Non sempre le condizioni di lavoro erano comode. "Durante i rilievi dovevamo salire e scendere in giornata e questo è stato molto dispendioso in termini di energie. In Alta Val d'Ambria c'è un bivacco che avrebbe potuto essere un'ottima base per i nostri rilievi scientifici. Già da tempo chiediamo che venga ristrutturato e reso disponibile".