Sepp Innerkofler

Luca Lorenzi. Wikimedia Commons © Monte Paterno, luogo dove morì Sepp Innerkofler il 4 luglio 1915

La guida Sepp Innerkofler è sepolta a Sesto, nella valle omonima, nella tomba di famiglia. Lo vegliano dei fiori di montagna e un dipinto senza speranza, cruda deposizione di Cristo dalla croce. È morto in battaglia il 4 luglio 1915 sul Monte Paterno, il posto dove oggi salgono i turisti incuranti. Innerkofler era pacato, solenne e austero, perché cresciuto in una cultura in cui la dignità vince su tutto. La sua vita è un romanzo.

Nasce il 28 ottobre 1865 nel maso Unteradamer. È il quarto e ultimo figlio del contadino e scalpellino Christian. In tenera età lascia il maso paterno per far pratica in una fattoria, poi lavora per alcuni anni in segheria, dedicando il tempo libero alla caccia e all’arrampicata. A ventiquattro anni prende il brevetto di guida e si dedica alla professione. Apre difficili vie nuove, – pareti nord della Cima Una e della Cima Piccola di Lavaredo, con gli scarponi chiodati! – scala sul quarto grado e diventa la guida più richiesta della valle e una delle più famose delle Dolomiti. Quando guadagna abbastanza da chiedere in sposa Maria Stadler, mette al mondo sette figli: due muoiono da piccoli e cinque sopravvivono. Sepp e signora gestiscono il rifugio del Monte Elmo, il Rifugio Zsigmondy e la Dreizinnenhütte, l’attuale Locatelli alle Tre Cime di Lavaredo. Nel 1903 Sepp costruisce la villa Innerkofler a Sesto e nel 1908 apre l’albergo Dolomiten in Val Fiscalina, ma nel 1915 la guerra gli scoppia sulla testa.

Ha cinquant’anni, è un “vecchio” tirolese baffuto e cocciuto, in ottima forma fisica. Da signore delle Dolomiti di Sesto, non può ammettere che si decidano i confini senza di lui, disputando le creste, i sentieri e i rifugi con gli italiani. Prima ancora che gli alpini salgano al fronte, si arruola con il figlio Gottfried nel corpo speciale degli Standschützen e forma la mitica Pattuglia Volante. Tiene un diario di guerra. Il 2 luglio scrive: «Alle 8 di sera ricevo l’ordine di presentarmi in tenuta di marcia con Gottfried e Schranzhofer dal tenente colonnello. Nei pressi delle baracche ci attende una carrozza a due cavalli che ci porta al rifugio Tre Scarperi. Qui troviamo il sottotenente von Tepser pronto a rifocillarci con carne ai ferri e caffè. A mezzanotte andiamo a dormire in una baita». 3 luglio: «Sveglia alle 6; si beve una tazza di caffè nero e ci si incammina verso l’altopiano delle Tre Cime. Arrivati su alle 9, ci presentiamo al capitano Wellean. Poi viene distribuito il rancio, che mangiamo proprio di gusto».

Sono le ultime parole annotate nel penultimo giorno di vita. A questo punto la storia sconfina nel mistero. Italo Zandonella, sulla base di testimonianze e documenti, scrive che nella notte del 4 luglio 1915 la pattuglia di Innerkofler parte per il Paterno. Ai piedi delle rocce «calzano le pedule di stoffa, quelle babbucce di mezzalana infeltrita che le donne di Sesto sanno fare con maestria, e iniziano a salire sicuri nonostante l’oscurità». Sepp conosce bene la via della cresta nord-nord ovest, perché l’ha aperta lui. Procedono con cautela, le loro sagome si scorgono sullo sfondo del nuovo giorno. La pattuglia è ormai allo scoperto: lo scontro è inevitabile. I tirolesi sono sgattaiolati sotto la cima del Paterno, un nido d’aquile in cui gli alpini del battaglione Val Piave stanno accucciati dietro un muro a secco; altri alpini presidiano la capanna più in basso. Un camino di calcare sbarra gli ultimi metri. La scalata riesce a Innerkofler, Forcher, Rapp e Taibon, mentre le vedette italiane tentano di scacciarli con le armi e le pietre. Forcher è ferito alla fronte e alla coscia destra, Innerkofler sanguina. Il figlio più giovane lo segue con il binocolo dalla Forcella di San Candido. Scorge il padre sotto la cima, a pochi metri dal muretto, mentre si fa il segno della croce.

Secondo la versione italiana suffragata dalla relazione dell’ufficiale medico Antonio Berti, un soldato ferito si sarebbe sporto oltre il parapetto: «D’improvviso appare, dritta, sul muretto della cima, la figura di un soldato alpino, campeggiante nel tersissimo cielo, alte le mani armate di un masso, rigata la fronte di rosso da una scheggia della prima bomba». L’alpino esclama: «Ah! No te vol andar via?», poi solleva il masso, prende la mira e lo scaglia contro Innerkofler. Sepp, colpito a bruciapelo, alza le braccia al cielo, perde i sensi e precipita nel precipizio della parete nord est, incastrandosi nella spaccatura del camino. Muore alle 6,20 di domenica 4 luglio.