Alt(r)i racconti. Himalaya: un viaggio fotografico e spirituale

È partito per il Nepal nella primavera del 2023 con 20 kg di attrezzatura nello zaino. Il fotografo laziale Federico Putignano voleva catturare l'anima delle valli e delle montagne himalaiane ed è rientrato in Italia lasciando, tra quei percorsi, un pezzo del suo cuore

Il Lhotse © Federico Putignano.

Ci sono montagne che, quando le vedi, ti rubano l'anima. E fotografie che, in pochi secondi, te la restituiscono. Per spiegare l'anima delle montagne, invece, spesso non basta un'immagine, e allora servono le parole. Nasce così l'idea di parlare con Federico Putignano, fotografo laziale che nella primavera 2023 ha fotografato le valli e le montagne dell'Himalaya. «Lì le montagne, quando ti appaiono, sembrano vive, parlano, ruggiscono».

Nell'autunno scorso, insieme al Cai di Tivoli, sottosezione di Guidonia Montecelio, Federico ha organizzato la mostra Scatti straordinari tra cime e orizzonti, per raccontare la sua esperienza in Himalaya. Appassionato di montagna da anni, si è allenato per un anno con palestra ed escursioni. È partito con uno zaino di 20 kg con tutta l'attrezzatura per riprendere il suo viaggio tra il misticismo nepalese e gli 8000 dell'Himalaya. «Davanti a tutta questa imponenza, mi sentivo vivissimo, come non sono mai stato in montagna».

È stata proprio una dimensione spirituale ad aver accompagnato ogni suo passo, una sensibilità che ha provato a portare anche in Italia. «In Nepal sei abbracciato da questo stile di vita. Sono tornato provando a cambiare il mio approccio alle cose. Non è facile qui, la realtà è troppo diversa».

A partire da Kathmandu, la capitale del Nepal, tanto spirituale quanto caotica, dove convivono diverse fedi in pace e armonia: «La mia guida mi diceva che finché nessuno impone il proprio credo all'altro, c'è rispetto». Dalla capitale del Nepal a quella degli sherpa, Namche Bazar: «Immagina un villaggio scavato in una conca nella roccia a 3600 metri e tutto intorno montagne alte più di 6000 metri».

A segnare il cammino di Federico, durato 30 giorni, ci sono state le bandierine di preghiera tibetane, pezzi di stoffa colorati con impressi immagini e mantra. «C'è scritto buona fortuna a chi cammina in questi luoghi'. Grazie al vento il mantra circola nell'aria». Durante il suo viaggio, lungo circa 300 km per un dislivello positivo di 15000 metri, ci sono state tante esperienze: attraversare i ponti tibetani, fotografare la Via Lattea dal campo base dell'Everest, vedere una valanga a 200 metri. «Mi sono sentito indifeso. Se succede qualcosa, è talmente più grande di te che non puoi fare niente. Sei testimone ma non puoi salvarti».

E poi è successo: sono apparse le cime oltre gli 8000 m: «La prima che ho visto è stata il Lhotse. È stato come quando ti acceca qualcosa di estremamente luminoso. Era lontano da me ma talmente grosso ed imponente che ho sentito un sussulto». E poi, dopo sei giorni di cammino, l'Everest: «Procedevo a testa bassa e poi l'ho visto. Sono scoppiato a piangere come un bambino. È stata una sensazione di immenso che mi ha distrutto».

Federico ha fatto questa esperienza in solitaria, accompagnato dalla guida e dal porter. Ad aspettarlo a Namche Bazar c'era Pemba Sherpa, il proprietario di un rifugio dove ha dormito le prime e le ultime due notti. Prima di salutarsi, Pemba gli ha lasciato una sciarpa: «Mi ha detto che è per i loro familiari che si allontanano per un periodo. Così augurano buona fortuna e buon cammino prima di rivedersi».

Everest e Lhotse dal Kala Patthar © Federico Putignano