Onde in alta quota

Se, verso l’ora di pranzo, vi trovaste a passare dal terrazzo della facoltà di ingegneria ambientale dell’Università di Trento, notereste, tra i pochi tavoli circondati da studenti e docenti che godono dell’aria e della vista, un gruppetto di persone dall’aspetto e dall’età molto variegati che passano la maggior parte del tempo con il naso all’insù: è il gruppo di fisica dell’atmosfera. Infatti, non importa che tu sia uno stanco professore ordinario o un giovane dottorando alle prime armi, se studi l’atmosfera e hai la fortuna di vivere in una valle alpina, non potrai fare a meno di scrutare spesso il cielo. In montagna o, come si dice in gergo scientifico, in terreno complesso il cielo si riempie costantemente di formazioni interessanti, grazie al ruolo che le enormi masse rocciose dei monti svolgono nel deviare le traiettorie delle masse d’aria che vi vengono in contatto e nel modificare le condizioni locali dell’atmosfera con la loro moltitudine di coperture e pendenze. 

L’estate scorsa, camminando lungo il fiume Inn, al termine di un'intensa settimana di conferenze, un’amica mi ha confidato di sentirsi nel posto giusto per compiere le proprie ricerche, perché la montagna è quel luogo “where meteorology happens”, dove la meteorologia accade, ovvero dove l’incredibile numero di processi che studiamo sui libri si concretizza al di sopra delle nostre teste, e ci tiene con il naso all’insù. 

Qualche giorno fa, a catturare l’attenzione del tavolo dei fisici dell’atmosfera è stata una formazione nuvolosa connessa ad un fenomeno abbastanza raro da vedere, anche perché di breve durata: l’instabilità di Kelvin-Helmholtz. L’instabilità, che prende il nome di due padri della fluidodinamica, Lord Kelvin e Hermann von Helmholtz, è un fenomeno non necessariamente associato alle nuvole, perché caratteristico di tutti i fluidi e non solo dell’atmosfera, ma che con esse si mostra in una veste particolarmente impressionante. L’instabilità di Kelvin-Helmholtz si forma quando i diversi strati di un fluido si muovono a diverse velocità e, nel caso dell’atmosfera, quando lo strato di aria superiore si muove ad una velocità maggiore rispetto a quello sottostante. Il risultato di questa interazione tra i due strati è una nuvola che assomiglia alla superficie del mare in presenza di forte vento. Per poter apprezzare lo spettacolo, però, bisogna essere molto attenti, perché nuvole di questo tipo mantengono la caratteristica forma “a onda” per pochi minuti, prima che i due strati si mescolino in modo più omogeneo. 

Se volete provare anche voi il brivido di scorgere un’onda in alta quota, tenete d’occhio il cielo sopra le vostre teste in giornate ventose e parzialmente nuvolose, quando l’atmosfera è instabile, le masse di aria si muovono rapidamente e vengono sollevate, formando nuvole per condensazione.

A quel tavolo di fisici, qualche giorno fa, ero seduta anche io, che da qualche anno studio e osservo, con gli occhi e con gli strumenti, l’atmosfera sulle Alpi e gli Appennini. In questo spazio, ogni settimana, vi racconterò una storia che parla del cielo al di sopra delle montagne, dei fenomeni che lo popolano e di come (e quanto) noi umani abbiamo imparato con l’esperienza e con le formule matematiche a leggerlo e a capirlo.

foto realizzata a Breckenridge, Colorado (USA) - fonte: ABC news.