di Valentina Guerriero
Cai Napoli
Si è tenuta domenica 4 Febbraio sulla vetta del Terminio (Monti Picentini, 1806 m) la prima escursione dell’anno 2024 dei gruppi CAI Giovani della Campania, con relativo brindisi. Si tratta della prima uscita ufficiale intersezionale dei gruppi CAI Giovani Campania,
organizzata dai gruppi di Salerno ed Avellino (e con la presenza di soci delle sezioni di Salerno, Avellino e Napoli), a poco meno di un anno dalla prima uscita “ufficiosa” e conoscitiva, necessaria alla costituzione dei nuovi gruppi Giovani, che aveva sempre visto
protagonisti i Picentini, con l’ascesa alla cima Rajamagra (1667m) dal piano Laceno, attraverso un poetico e gradevole percorso che partiva dal Colle del Leone (27 maggio 2023).
A dirigere l’escursione sono Carmine Nobile (CAI Salerno, già direttore dell’escursione al Rajamagra e Referente CAI Giovani Campania) e Marco Figliolia (CAI Avellino) e la meta, il Terminio, è forse una delle montagne più conosciute e battute della regione, ma si
mostra in quest’occasione ai Giovani del CAI in uno scenario innevato ed eterogeneo, perché si sa, ogni montagna non è una ed una sola, ma in essa ve ne sono tante quanti sono i giorni delle stagioni.
La partenza è da Campolaspierto (1307m), famoso pianoro frequentato sia da escursionisti che famiglie, noto per lo storico maneggio Il Piccolo Ranch (ve ne è un altro, quasi gemello, imparentato con questo, sul vicino piano Laceno). Da qui, passando per Acqua del Cerchio, un piccolo abbeveratoio per il bestiame, si sale per il Valico di Collelungo fino alla Croce di Campolaspierto (1623m) per poi giungere sulle tre cime del Terminio che, secondo alcuni,
darebbero il nome al monte (dal latino Ter).
Sebbene si prevedesse un quantitativo maggiore di neve quando l’escursione fu progettata, al punto da dover richiedere l’utilizzo di ciaspole, in questa soleggiata giornata di febbraio la neve non risulta comunque del tutto assente: nell’escursione si alternano tratti rocciosi ad altri, ombrosi, su neve e ghiaccio, così che questa classica vetta della Campania ci offre in questo giorno tutte le difficoltà (e i divertimenti) tipici d’un’escursione invernale, rendendo le ore di cammino variegate e mai noiose.
Dalla prima cima ci spostiamo alla seconda, e poi alla terza, non risparmiandoci niente: il panorama da queste si estende a 360° gradi, nuvole permettendo. Le “tre cime” si susseguono in un lieve saliscendi, con la più alta di 1806m (Cima centrale) e
la successiva (Cima settentrionale, 1783m) a 300 metri di distanza, intervallate da una breve selletta (1754m). L’ultima (la Cima meridionale) è di 1703m.
I giovani le percorrono tutte, entusiasti, anche se il panorama che ci si staglia davanti, già alla prima vetta, dove firmiamo il libro, sarebbe sufficiente a colmare gli animi per parecchio tempo. È un giorno di visibilità straordinaria, reso affascinante dalla presenza di un manto di corpose nuvole basse che fanno sì che niente risulti scontato, e da cui si erge imperiosa, inizialmente, solo l’Accellica.
Dalla terza cima con la vista giungiamo fino alla Puglia e agli appuntiti monti della Basilicata, con il Vulture (1326m) ed il Volturino (1836m), già scenario del primo Camp CAI Giovani Sud Italia, tenuto nell’estate del 2023 tra i boschi del Volturino. Il secondo Camp CAI Giovani Sud Italia si terrà invece, per il 2024, in Campania, e la location, già quasi stabilita ma non ancora resa ufficiale, è tenuta segreta: si stanno dando da fare, per rendere reale il tutto, i referenti sezionali dei nuovi gruppi Giovani delle diverse sezioni campane.
Continuando nel nostro percorso di vetta sulla sinistra individuiamo perfettamente un Matese privato di neve e più indietro, dalle cime di ghiaccio, i monti dell’Abruzzo, che Giustino Fortunato accostò al Terminio per le similitudini nello svilupparsi della flora tra
questi lontani tra monti e le nostre cime.
Poco più avanti notiamo il Rajamagra, vissuto insieme mesi addietro, di cui abbiamo fresco il ricordo primaverile. Ci è preclusa invece dalle nuvole la vista del mare: si erge da questa, come già detto, solo l’Acellica, proprio come nelle descrizioni di Giustino Fortunato (solo la Celica, l’aerea, l’arditissima Celica fatta a mo’ di forca, attirava distinta lo sguardo a cinque miglia in linea retta e, come tutte le altezze solitarie flagellate dai venti, s’imponeva maestosa e solenne). Una montagna a lui cara che, da socio CAI, esplorò e di cui scrisse una
dettagliata descrizione già nel 1878 nel suo libro l’Appennino Meridionale, edito per la prima volta proprio dal Cai e dedicato ai soci della sezione di Napoli.
La giornata per molti prosegue al Mamo’s Cafè di Serino (AV), per una birra e un po’ di ristoro, dove i ragazzi continuano a confrontarsi e proporre idee e nuovi modi per condividere tutti insieme la montagna. Ora non ci resta che prendere nota, in attesa del nuovo Campo Giovani Sud, il prossimo appuntamento CAI Giovani fissato per domenica 28 Marzo, sui Lattari, al Monte Comune (877m, organizzato dalle Sezioni Giovani di Napoli e Avellino), sopra Positano.
Sarà uno scenario completamente diverso, con protagonista il mare, ma non per questo di minore importanza. Si ricorda, inoltre, che al di fuori di questo programma intersezionale CAI Giovani (e che prevede la partecipazione dei soli soci under 40 proprio per favorire la socializzazione tra i gruppi), ogni gruppo sezionale sta organizzando nel 2024 anche delle uscite rivolte all'intera sezione (che sono “a cura del gruppo Giovani”, ma non sono rivolte esclusivamente ad essi),
al fine di aumentare il coinvolgimento attivo tra tutti i soci.
Fonti
Giustino Fortunato – L’appennino della Campania. 1884, dalla Sezione di Napoli del Club
Alpino Italiano. Ristampa di Grimaldi e C.Editori, Napoli, 1988.
Emilio Buccafusca – Guida sentimentale ai monti del Sud
Appennino Meridionale – Campania – Basilicata – Calabria – Guida dei Monti d’Italia –
Luigi Ferranti. Club Alpino Italiano e Touring Club Italiano. Touring Editore, 2010
La veduta era estesissima a noi intorno, e dappertutto veramente – dai poggi irpini ai contrafforti lucani, dall’acuminato Vesuvio all’ampio Vulture sorridente, su monti e valli di mille colori, fra cielo e mare d’una sola tinta cilestrina, – dappertutto regnava dolcissima una quiete serena e splendeva ineffabile una luce tersa e dorata, una luce benigna, che dava all’animo non so che impressione profonda di calma e di riposo. Era una di quelle immense vedute così frequenti su l’alto Appennino, che distraggono più che non sogliono richiamare o fissar l’occhio: solo la Celica, l’aerea, l’arditissima Celica fatta a mo’ di forca, attirava distinta lo sguardo a cinque miglia in linea retta e, come tutte le altezze solitarie flagellate dai venti, s’imponeva maestosa e solenne. Ed a quel modo che l’occhio, anche il pensiero
errava qua e là a caso.
Il Terminio, Giustino Fortunato, 1878
I monconi di braccia d’ebano sollevati al cielo impietoso ed il ventre squartato offerto al roseo pudore dei funghi avranno certo il conforto dei nidi d’allodole e soavissimi baci da farfalle e fiori primaverili. Ora s’attende soltanto la neve. Sul Terminio è già caduta
abbondante e il sentiero che sale alla vetta spiralando a mezza costa nel cuore dei faggeti reca visibili tracce di lupi. La tramontana inutilmente spazza nebbia e nuvole da capanne di foglie abbandonate e da nidi di falchi deserti. È il tempo della vigilia invernale colmo di
caduco. Il bosco è ancor fitto e non lascia vedere nulla nulla del cielo. Labirinto di fruscii, preci smorzate di foglie secche e rami intirizziti. Sopra di lui, bianca, brulla, veramente aerea domina la vetta. Il vento la logora come se fosse di bragia e l’ovatta delle nuvole,
molle la preme, con arcana malizia.
Tra gli squarci fugaci compaiono giù meravigliose visioni. Ora son prati smeraldi respiranti fra spume di boschi simili a un verde magma tenduto a bada dal candore degli armenti e dai galoppi improvvisi dei cavalli non ancora domati. Ora son ampi profondi spacchi di valloni che declinano verso il Calore in una festa d’ori autunnali e di cappaie scarlatte da intimidire qualunque tavolozza. Per chi sale al Rifugio di Verteglia il Terminio è “la bella”. Non ha confini preclusi da stagioni. D’inverno può essere una “prima” d’importanza e in primavera la cavalcata della vertigine di tutti i fiori. Adesso, d’autunno, questa neve quassù mentre al piano la gente va in maniche di camicia è un dono paradisiaco, una primizia offerta agli amatori sinceri delle altitudini. Ha finanche il sapore di un premio. Forse è celeste messaggio al sentimento dei pellegrini dei monti del sud.
Emilio Buccafusca, Ottobre 1945