Pilastro est dell’Ogre, intervista a François Cazzanelli

Pioggia e zero termico alle stelle fermano i tentativi al pilastro est dell’Ogre
© archivio François Cazzanelli

Pioggia, zero termico altissimo e neve in quota. Si potrebbe riassumere così la spedizione diretta all’inviolato pilastro est dell’Ogre portata avanti da François Cazzanelli e Matteo Della Bordella con il supporto del Club Alpino Italiano. Con loro il fuoriclasse francese Symon Welfringer e il forte svizzero Silvan Schüpbach.


Un mese di attesa, per poter fare un tentativo, abortito sotto neve e pioggia ancora prima di mettere le mani sul pilastro, poi più nulla. “Il tempo era molto instabile e le piccole chance che la meteo ci offriva erano molto aleatorie” spiega Cazzanelli, rientrato in Italia con leggero anticipo rispetto ai compagni di spedizione. «Abbiamo trascorso giorni, se non settimane, consultano la meteo che ci arrivava dall’Italia, abbiamo atteso e sperato ma alla fine nulla». Stagione strana questa in Karakorum, come se il monsone fosse arrivato in anticipo sui tempi. Ma lasciamo che a raccontarci quei momenti sia la voce di François, da poco rientrato in Italia.



François, siete partiti con le migliori aspettative…
«Assolutamente si! Eravamo motivati e carichi per questa nuova avventura. Anche se la meteo ci dato le prime avvisaglie di quel che avrebbe fatto fin da subito».

In che senso?
«Già durante l’avvicinamento al campo base abbiamo dovuto fare un giorno in più di trekking perché la cattiva meteo ci impediva di proseguire. Alla fine siamo saliti in 4 giorni, posizionandosi nello stesso campo base utilizzato da Thomas Huber, comodo e pratico».

Quindi, maltempo fin dal primo giorno?
«Si. I primi tre giorni di campo base non siamo riusciti a fare nulla, subito dopo abbiamo poi avuto una finestra che oggi direi essere stata perfetta. 3 giorni di sole, che ci sono stati fondamentali per permetterci di acclimatarci alla quota. Dopo solo finestre cortissime, con anche 8 giorni consecutivi di maltempo. Senza dimenticare la grande instabilità che non permetteva previsioni precise. Ricordo un giorno in cui ci avevano comunicato 2mm di pioggia, in realtà ha piovuto per 14 ore di fila».

Matteo della Bordella e François Cazzanelli

Oltre a tutto questo avevate anche lo zero termico altissimo, giusto?
«Quasi sempre a ridosso dei 6000 metri. Thomas Huber, l’alpinista sicuramente più esperto e competente per l’area dell’Ogre, ci aveva detto fin da subito di fare attenzione allo zero termico. Ovviamente le temperature trovate hanno contribuito a incrementare i nostri dubbi, soprattutto sulla prima parte della salita».

Ci dicevi prima che avete avuto tre giorni di bel tempo per acclimatarvi, in questa occasione vi siete mossi sull’Ogre?
«No, avendo con noi gli sci ci siamo spinti in esplorazione delle aree circostanti. Prima fino al passo Sim La, a circa 5400 metri di quota. Poi ancora più in alto fino a raggiungere i 6000 metri». 

Finalmente poi, dopo 20 giorni di campo base, il momento giusto per fare un tentativo… 
«Direi una finestra che abbiamo voluto sfruttare a fondo. All’inizio sembrava dovesse durare 4 giorni, poi si è man mano ridotta. Come ci hanno detto i ragazzi che ci facevano la meteo era, il meno peggio. Così siamo partiti e abbiamo raggiunto la base della parete».

Poi?
«Ci siamo infilati nelle tende, carichi di aspettative per il giorno dopo, ma dopo pochissimo tutto è cambiato. Senza preavviso abbiamo iniziato a sentire l’acqua cadere copiosa sulla tenda. Siamo rimasti basiti a guardarci in faccia, con indecisione. Non ce l’aspettavamo».

© archivio François Cazzanelli

E qui che avete rinunciato?
«No, abbiamo aspettato fin quando, nel tardo pomeriggio, la pioggia si è placata lasciandoci sotto a un cielo carico di nuvole. Ci siamo a lungo guardati e confrontati, poi abbiamo deciso di provare lo stesso. Siamo partiti all’una di notte, ma verso le 4 del mattino ha iniziato a nevicare intensamente e sempre più forte. Mano a mano che salivamo notavamo che la neve era sempre più alta, basti dire che in un’ora ha fatto quasi 20 centimetri di neve. Così sono cresciuti i dubbi e i rischi: la prima parte della salita è molto esposta alle valanghe, non c’erano le condizioni per proseguire. Fatto dietro front siamo rientrati al campo base sotto la pioggia».

Dopo non avete avuto più nessuna opportunità…
«Solo tempo instabile e piccole chance di avere una finestra. Opportunità che puntualmente sfumavano nel giro di pochi giorni. Abbiamo aspettato, aspettato e ancora aspettato ma la meteo non cambiava».


Per questo hai scelto di rientrare qualche giorno prima degli altri?
«Non solo per questo. Per ragioni lavorative il mio rientro era già programmato prima rispetto a quello dei miei compagni di spedizione. Dopo, capito che l’Ogre quest’anno non sarebbe stato fattibile, a causa della meteo, con la nostra agenzia si è deciso di programmare il rientro 4 giorni prima rispetto a quanto originariamente concordato. Un gruppo di portatori si trovava al campo base per portare rifornimenti, così mi sono aggregato a loro in discesa».


Pensi che ti piacerebbe riprovare?
«Per ora voglio stare con la mia famiglia e godermi le montagne di casa, il Cervino in primis. Penso sia troppo presto per dirlo, i miei compagni sono ancora in spedizione… e so che hanno delle belle notizie per noi! Quest’anno è andata così, ci tengo però a ringraziare chi ha voluto sostenerci in questo tentativo,
in primis il CAI. Nonostante la spedizione non sia andata come immaginato il Club Alpino ha scelto di sostenerci in ogni decisione, qualità non scontata. Sono orgoglioso di aver contribuito, con i miei sogni, a riportare un po’ di quell’alpinismo d’avventura ed esplorazione all’interno del sodalizio, anche se sono bene che il mio è un contributo minimo».