Al Trento Film Festival l’inverno diventa liquido

I cambiamenti dell’ambiente naturale montano non possono più passare in secondo piano quando si parla di popolazioni, territori, alpinismo e sviluppo delle aree interne. Lo ha capito bene il Trento Film Festival che quest’anno ha fatto propri i temi della sostenibilità e della montagna.
“C’è un momento preciso in cui capisci che qualcosa sta cambiando. Ma cambiando davvero. Sei nato e cresciuto pensando che sarebbe sempre stato così, anno dopo anno, stagione dopo stagione, generazione dopo generazione, e poi un giorno ti svegli e capisci che anche quel che sembra immutabile è destinato a mutare”. Inizia così il libro Inverno liquido di Maurizio Dematteis e Michele Nardelli, presentato in questi giorni al Trento Film Festival e oggetto di discussione anche al recente Camp Giovane del Club Alpino Italiano. Di mutamenti la montagna ne ha subiti molti, sia in termini positivi che in termini negativi. Prendendo a campione solo gli ultimi decenni, dalla Seconda guerra mondiale ad oggi, la montagna è stata il luogo della resistenza, dello spopolamento, del turismo di massa e dell’edilizia delle seconde case, delle grandi infrastrutture e dei grandi eventi. Negli ultimi anni abbiamo assistito a una modificazione radicale dei paesaggi alpini rispetto a come li conoscevamo: estati sempre più torride, sconvolgimenti naturali come la tempesta Vaia, il bostrico, fino alle lingue di neve programmata sui prati di questo arido inverno.  Mentre i nostri inverni diventano sempre più “liquidi”, l’economia di molte valli rimane ancorata a modelli di sviluppo che necessitano di un ripensamento che possa rendere le comunità montane resilienti alle sfide future.
Inverno liquido
La copertina del libro "Inverno liquido"
I cambiamenti dell’ambiente naturale montano non possono più passare in secondo piano quando si parla di popolazioni, territori, alpinismo e sviluppo delle aree interne. Lo ha capito bene il Trento Film Festival che quest’anno ha fatto propri i temi della sostenibilità e della montagna. Temi sempre più necessari ai tempi della crisi climatica. Una montagna che è sorgente ma è anche futuro, come ha sostenuto nel suo discorso inaugurale il presidente del Festival Mauro Leveghi. E quando si parla di futuro, si parla di luoghi dove sperimentare nuove idee di transizione ecologica, nuovi approcci di sviluppo economico, turistico e sociale. Nell’ultimo anno sono usciti sei report (tra cui un documento di Banca d’Italia) che ci possono aiutare a delineare il futuro climatico territoriale di montagna. Nelle Alpi e negli Appennini sono sempre più frequenti gli esempi virtuosi votati verso una programmazione territoriale alternativa, così come le comunità che cercano di reimmaginare il futuro della montagna. I risultati a volte sono sorprendenti ma, come le singole tabelle segnavia che troviamo lungo i sentieri, necessitano di una mappa integrale per riuscire a capire quanto distante si trovi la cima. Il Trento Film Festival si propone come uno di questi segnavia. In questi dieci giorni si ragionerà sulle narrative, sull’abitare la montagna, sul nuovo approccio che viene richiesto allo sport. Un altro tassello importante per orientarsi nel presente e nel futuro è proprio il libro di Dematteis e Nardelli Inverno liquido che traccia lo stato dell’industria dello sci di massa attraverso il paese, portando esempi di sfruttamento e modelli di transizione ecologica già in atto. Raggiungere la cima è importante anche se non è cosa facile: per farlo c’è bisogno della collaborazione di tutti. Anche degli eventi importanti come il Trento Film Festival.