Terapia e benessere nella Foresta del Cansiglio

Avrete sicuramente sentito parlare di “Forest bathing” o di “Bagni di foresta”, “Shinrin-yoku” in lingua giapponese. Il CAI è in prima linea su questo tema, grazie alla rete di “Stazioni di terapia forestale” creata assieme al CNR, ma ovunque in Italia stanno nascendo proposte legate a questa particolare sfera della fruizione forestale.

Un momento del Festival Cansiglio InVita © Valeria Mutinelli

Lungo la strada del bosco si fanno incontri inaspettati, che spesso obbligano a cambiare prospettiva.

 

Cosa ci fanno, nella stessa stanza, esperti forestali, medici, psicologi, ricercatori di varie discipline, guide ambientali e… uno sciamano venuto dall’Amazzonia? Tranquilli, non è l’inizio di una barzelletta. Si tratta di una situazione reale che ho vissuto di persona, poche ore fa, in Alpago, nel cuore della Foresta del Cansiglio. Quello che abbiamo fatto, perché anch’io ero parte di questo gruppo un po’ insolito e “biodiverso” riunito in un convegno, è stato discutere di terapia e benessere in foresta. L’obiettivo era creare sinergie tra saperi ed esperienze differenti per provare a valorizzare insieme un servizio ecosistemico antichissimo ma di grande attualità: la capacità del bosco di farci stare bene, addirittura di curarci e prevenire malattie, facendo risparmiare il sistema sanitario e generando economia per i territori rurali attraverso una fruizione sostenibile. 

 

Scrivo queste righe di ritorno dalla prima edizione del Festival “Cansiglio InVita”, organizzato dall’Università di Padova (Dipartimenti TESAF - Territorio e Sistemi Agro-Forestali e DPG - Psicologia Generale), Veneto Agricoltura e Società Selvatica. Un Festival dedicato alla “connessione con la natura” e, in particolare, a pratiche esperienziali e terapeutiche che negli ultimi anni stanno acquisendo non solo enorme popolarità, ma anche grande attenzione a livello scientifico in campo psicologico, sociale, medico e ovviamente forestale

Avrete sicuramente sentito parlare di “Forest bathing” o di “Bagni di foresta”“Shinrin-yoku” in lingua giapponese. Il CAI è in prima linea su questo tema, grazie alla rete di “Stazioni di terapia forestale” creata assieme al CNR, ma ovunque in Italia stanno nascendo proposte legate a questa particolare sfera della fruizione forestale.

Un momento del Festival Cansiglio InVita © Valeria Mutinelli

Non pensate che si tratti di una moda o di strane attività “da fricchettoni”, anche se talvolta sul web si trova di tutto e c'è sicuramente la necessità di fare chiarezza dandosi regole chiare. La scienza ci dice, con evidenze chiarissime e dati oggettivi, che l’allontanamento dalla natura provoca in tutti noi serie problematiche di vario genere e che, al contrario, un riavvicinamento ad essa può generare numerosi benefici. Le cause sono molteplici e tanti ricercatori, di varie estrazioni e distribuiti in tutto il mondo, le stanno indagando, trovando risposte straordinarie. Recentemente, ad esempio, una ricerca condotta dal CNR e realizzata proprio insieme al CAI ha svelato l’effetto dei monoterpeni - componenti degli oli essenziali emessi dalle piante forestali - nel ridurre i sintomi dell’ansia.

 

Ma oltre alle singole sostanze che aleggiano nei boschi, c'è sicuramente da collocare la fonte del benessere anche nel legame profondo che ci unisce agli alberi, una relazione che si perde nella notte dei tempi e di cui probabilmente abbiamo conservato memoria nei meandri dei nostri geni. Una “memoria genetica” (chissà se si può definirla così!) che ci ricorda che dalle foreste veniamo. Sugli alberi vivevamo - sono stati la nostra prima casa - e abbiamo interagito con essi da sempre per ricavare nutrimento e rifugio. Il “salto” che ci ha portati a diventare “homo” è avvenuto muovendoci tra le piante e la nostra intelligenza si è evoluta utilizzando il legno, per costruire attrezzi e dimore, per governare la rischiosa ma rivoluzionaria forza del fuoco.

Tornare al bosco - lo scrivevo nella prima puntata di questo blog - è essenziale per tanti motivi. Lo è indubbiamente anche per curarci, per prevenire malattie, per ridurre lo stress e l’ansia, per trovare ispirazione, per ritrovare una parte di noi stessi che si sta perdendo tra asfalto e cemento. Valorizzare queste pratiche (e, con esse, i territori forestali e montani), è possibile pur mantenendo tutte le altre funzioni delle foreste, a patto di individuare con attenzione le aree idonee, progettando i percorsi e la loro manutenzione attraverso una specifica gestione forestale. Perché è nei boschi gestiti, non in quelli in stato di abbandono, che queste attività possono essere svolte al meglio.  

 

Per questo c'è un enorme bisogno di fare rete: gestori e operatori forestali, strutture sanitarie, guide e accompagnatori, associazioni e istituti di ricerca, operatori turistici e comunità locali. Lungo la strada del bosco c'è spazio per tutti. Capirlo è relativamente semplice, metterlo in pratica meno, perché ci obbliga a cambiare prospettiva. Ma è una grande sfida di futuro, che vale la pena di cogliere. 

Un momento del Festival Cansiglio InVita © Marco Vagnetti